Rallenta la ripresa economica e cresce la pressione fiscale
«In effetti – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi dela CGIA di Mestre, Paolo Zabeo – a seguito del rallentamento del Pil, è molto probabile che nel 2018 la pressione fiscale sarà superiore al 42,2% previsto a inizio anno. Se dovesse tornare a salire addirittura oltre il risultato conseguito nel 2017, invertiremmo la tendenza che era iniziata nel biennio 2012-2013, anni in cui la pressione fiscale nazionale aveva toccato il record storico del 43,6%».
Al fondo c’è il problema di una spesa pubblica che è tornata a galoppare dopo qualche anno di tregua
«Per ridurre strutturalmente le tasse – segnala il Segretario della CGIA Renato Mason – dobbiamo in misura corrispondente tagliare la spesa pubblica improduttiva e nonostante gli effetti della spending review siano stati inferiori alle attese, il carico fiscale complessivo ha iniziato a scendere. Certo, se da qualche anno avessimo abbracciato la strada del federalismo fiscale, molto probabilmente la contrazione sarebbe stata maggiore. Le esperienze europee, infatti, ci dicono che gli stati federali, come la Germania e la Spagna, hanno una spesa pubblica nettamente inferiore ai paesi unitari e una qualità/quantità dei servizi offerti ai cittadini molto superiore a quella degli altri».
La pressione fiscale in Italia aveva subito dal 2011 un costante aumento e solo dal 2014 aveva incominciato a scendere grazie alla crescita del Pil e all’introduzione del cosiddetto bonus Renzi (maggio 2014), all’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro (2015) e alla cancellazione della Tasi sulla prima casa (2016). Che già da quest’anno questa tendenza favorevole possa invertirsi è, per la CGIA di Mestre, un pericolo molto realistico.