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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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Ambiente: una Carta per una Corte Penale Internazionale

23/11/2006
Amianto, piogge acide, devastazione dell’Amazzonia, per non parlare dei grandi disastri ambientali come quello di Bhopal nel 1984, in cui morirono dalle 16.000 alle 30.000 persone e mezzo milione furono gravemente intossicate, un vero e proprio bollettino di guerra, nonché quello di Chernobyl del 1986, che ha provocato gravi danni alla salute delle persone e serie modificazioni all’ecosistema; quante volte se ne è sentito parlare, eppure, a tutt’oggi troppe persone sono rimaste impunite, l’ambiente continua ad essere gravemente compromesso ed i rischi di nuove stragi ambientali permangono. Ecco perché è nata la proposta di istituire una carta per il riconoscimento dei disastri ambientali internazionali quali crimini contro l’umanità, con conseguente competenza, per giudicare tali reati, della Corte Penale Internazionale. Se ne sta discutendo a Venezia, nell’ambito della Seconda Conferenza Internazionale dal titolo “Salute, Ambiente e Giustizia”, promossa dall’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, il Patrocinio del Commissario all’Ambiente dell’Unione Europea, della Regione Veneto, della Provincia di Venezia, con la collaborazione del Comune di Venezia.

Non stupisce che sia stata scelta Venezia per discutere dei grandi problemi dell’ambiente, dal momento che nella città lagunare, per il suo delicato equilibrio, per le continue trasformazioni ad opera dell’uomo e per le grandi strutture che da molti anni vi gravitano attorno (vedi ad esempio il petrolchimico), i problemi e gli appelli legati alla sua salvaguardia sono all’ordine del giorno.

Ed ecco che, durante la Conferenza, uno stuolo di esperti, quali professori universitari, magistrati, politici, intervenuti anche in collegamento video da numerosi paesi esteri, si stanno confrontando sulla realtà attuale, alla luce degli eventi passati e di ciò che potrà accadere in futuro.

I dati sono tutt’altro che confortanti. “Se non si inverte la rotta si deve parlare di punto di non ritorno” ha chiosato il prof. Antonino Abrami, Consigliere presso la Corte d’Appello di Venezia nonché Presidente Vicario dell’I.A.E.S. (International Academy of Environmental Science). “I dati” ha affermato “si commentano da soli: dal 1600 al 2000, nel Pianeta Terra, l’uomo ha alterato metà delle risorse, sono scomparse 484 specie animali e 654 vegetali, con la progressiva perdita di terreno forestale e progressivo avanzare di cemento. Sono poi da ricordare le tante vittime riconducibili a disastri strettamente legati ai cambiamenti climatici indotti da una grave situazione di alterazione del nostro pianeta. Si pensi all’Indonesia che, dal settembre 1997 al febbraio 1998, a causa di cambiamenti climatici e di surriscaldamento e incendi, ha visto il verificarsi di danni alla salute per milioni di persone con conseguenti problemi respiratori, nonché danni all’economia ed all’ecosistema forestale, con 20.000 chilometri quadrati distrutti”.

Ecco perché è nata l’esigenza di avere una giustizia vera e propria, sia per prevenire i possibili danni all’ambiente (e quindi alle persone) sia per punire chi ne sia artefice. I promotori dell’iniziativa sostengono che l’attuale Corte Penale Internazionale, già competente per i reati contro l’Umanità, potrà esserlo anche per i disastri ambientali internazionali, se sarà ritenuto, attraverso la revisione dello Statuto della Corte Penale Internazionale, che anch’essi possano essere giuridicamente qualificabili come tali.

Ma gli ideatori si augurano che tale Corte non giudichi solo i disastri ambientali internazionali dovuti alla volontà e dall’intenzione, ma anche ogni disastro avvenuto a causa della disattenzione o dell’incuria.





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