Inventato a Ca' Foscari un sensore per lottare contro i Pfas
I composti perfluoroalchilici sono molto resistenti al degrado e conferiscono proprietà idrorepellenti ed ignifughe al materiale su cui sono applicati. Per tale ragione sono largamente utilizzati in processi industriali per la produzione, ad esempio, di tessuti impermeabili o antimacchia. Per la loro persistenza nell’ambiente e l’accumulo negli organismi viventi, uomo incluso, sono considerati inquinanti emergenti e pericolosi a livello globale. Dopo la scoperta della contaminazione delle falde acquifere in Veneto, la Regione ha fissato un livello nelle acque destinate al consumo umano di 30 nanogrammi per litro per il Pfos, una concentrazione che il sensore riesce perfettamente, e rapidamente, ad identificare.
Si passa ora alla fase di industrializzazione di un semplice strumento per veloci controlli sulle falde
«Fino a ieri servivano costose analisi di laboratorio per misurare la concentrazione di Pfos – spiega Paolo Ugo, professore di Chimica analitica a Ca’ Foscari e coordinatore del team di inventori del nuovo sensore – mentre il nostro sensore permette un riscontro sul campo, immediato e poco costoso, utile, ad esempio, a concentrare gli ulteriori approfondimenti analitici solo sui siti più inquinati».
Il sensore impiega polimeri a stampo molecolare, una specie di ‘reticolo’ creato ad hoc le cui cavità coincidono con le molecole che si vorranno riconoscere: lo stampo intrappola quindi le molecole complementari. In questo caso, conoscendo l’impronta del Pfos, il sensore è in grado di riconoscerlo e misurarne la concentrazione. Il brevetto è ora pronto a un ulteriore passaggio: occorre infatti l’investimento industriale per ingegnerizzare il dispositivo che rende facilmente fruibile sul display la misura effettuata dal sensore.