La tragedia amazzonica e i roghi dell’Africa subsahariana
26/08/2019
Mentre sta avendo un’eco mondiale la tragedia degli incendi in Amazzonia, oggetto di discussione anche nel corso dell’ultimo G7, i grandi media non si stanno occupando dell’analogo dramma che sta attraversando l’Africa meridionale. Probabilmente in Brasile i roghi e la loro diffusione sono legati anche a fattori politici e le dimensioni degli incendi hanno indubbiamente conseguenze planetarie, ma
in Congo e Angola le fiamme bruciano la giungla da metà luglio come non accadeva da almeno 15 anni. Foto satellitari della NASA evidenziano come il fumo sul continente africano sia visibile da molti giorni prima rispetto a quello prodotto dagli incendi in Amazzonia. «
Seguiamo con molta attenzione quello che sta succedendo in Africa – ha detto al G7
il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, –
e abbiamo avuto uno scambio con l’Unione africana e altri Paesi. Stiamo esaminando la possibilità di lanciare un’iniziativa similare a quella proposta per il Brasile anche in Africa».
Il ‘caso’ africano non riceve la stessa attenzione di quanti sui social si strappano le vesti per l’Amazzonia In due soli giorni,
l’Angola ha registrato 6902 incendi, la Repubblica Democratica del Congo 3395, mentre il Brasile “solo” 2127. Anche stando alle rilevazioni di Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra, attualmente è la regione centrafricana a registrare la maggior parte di incendi di biomasse nel mondo.
Gli incendi nell’Africa sub-sahariana rappresentano circa il 70% dell’area bruciata di tutto il mondo e la causa di questi incendi, come per l’Amazzonia, è riconducibile alle attività agricole e zootecniche, in particolare all’utilizzo della tecnica ‘taglia e brucia’ con gli agricoltori centrafricani che utilizzano il fuoco per ripulire vaste distese di foreste o savane, rigenerare pascoli e bruciare gli scarti delle terre coltivate per prepararsi alla prossima stagione.