Venezia ‘76: Federico Fellini, pittore del cinema
Anche nelle sale l’accoglienza è negativa ed il film viene ritirato quasi subito. Tra i motivi del definitivo insuccesso pare ci fosse anche la totale antipatia che Alberto Sordi suscitava nel pubblico, tanto che Fellini, desiderando riavere l’attore nel film successivo, “I Vitelloni”, trova molte difficoltà ad ottenere l’appoggio dei produttori, così da dover ometterne il nome dai manifesti e dalle prime 50 copie del film. In realtà era la prima volta che Fellini faceva un film tutto suo su qualcosa che conosceva fino in fondo come l’avanspettacolo e cioè il mondo dei fumetti di allora, grazie alla sua antica esperienza di fumettista. All’epoca curava la posta delle lettrici di “Cine Illustrato”. Il suo arrivo a Roma nel ’38 era motivato dall’intenzione di iscriversi a giurisprudenza. In realtà il giorno stesso si mette a fare il giro di tutti i giornali tentando di far pubblicare i suoi raccontini, le interviste, le caricature. La sua carriera prolifica e fantasiosa iniziava così: scrivendo sketch e scenette per la radio, canzoncine per il teatro di rivista, barzellette e monologhi per comici famosi, testi per volantini di svendite dei grandi magazzini.
“Lo Sceicco” era nato come un’ipotesi di sceneggiatura per Antonioni che all’epoca aveva girato un documentario intitolato “L’amorosa menzogna”. Fellini, parlandone col co-sceneggiatore Fulvio Pinelli, e con Ennio Flaiano, incominciò ad immaginare il personaggio della sposina, il viaggio di nozze, la fuga per vedere il suo adorato eroe dei fumetti.
Da qui prese forma un racconto ironico e divertito che tuttavia ad Antonioni non piacque affatto. E da qui, dietro le richieste del produttore, nacque la decisione di Fellini di curarne la regia. Il risultato fu un film fuori schema per l’epoca, che molti definirono troppo parlato, troppo trasognato, troppo ironico, troppo lento. Con un protagonista, Alberto Sordi, che anticipa quello che sarà poi il suo segno distintivo: un sapore definitivo di autodistruzione. Lo “Sceicco bianco”, in cui la goffaggine del mondo del fotoromanzo è descritta con lucida e calda ironia, è un vero reperto di un’epoca, ma denso di anticipazioni felliniane pregnanti: la musica di Nino Rota, Leopoldo Trieste (già commediografo di carattere) tra i protagonisti, che rappresenta col suo personaggio stralunato un’invenzione cinematografica del regista, e la spiccata e singolare tendenza felliniana a cercare la via per una eversione fantastica nell’ambito della realtà quotidiana, oltre che la tonalità della farsa realistica che assume una impietosa lucidità; e ancora l’imbarazzante incontro di Ivan - Trieste con le paripatetiche (una delle quali, impersonata da Giulietta Masina, produrrà in seguito il personaggio de “Le Notti di Cabiria”), il mito della Roma turistica e monumentale vista anche nei suoi caratteri vagamente orridi e grotteschi.
Il film è girato lungo le strade di Roma e poi tra i pini di Fregene, luogo che per anni è stato il prediletto nella vita del regista. In realtà, tra tutte le opere di Fellini “Lo Sceicco” è stato valutato dalla critica più avvertita come “il massimo dell’apertura verso gli altri”. Il suo film più oggettivo, il più svincolato da una poetica della memoria; l’opera in cui il regista non si identifica non confondendosi così con nessun protagonista.
Mariateresa Crisigiovanni
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