Dialogare sulla natura e sui disastri antropici si fa arte
I cambiamenti climatici e la responsabilità individuale sono l’immagine costante alla quale il lavoro di Giancaterino fa riferimento. “L’acqua crea un ambiente che sostiene e nutre piante, animali ed esseri umani, rendendo la Terra in generale perfetta per la vita”. Il mondo di oggi invece fornisce molti esempi di devastazione ambientale che ci avvertono di come l’utilizzo di acqua abbia dei limiti naturali. Ed è proprio in questo contesto che l’artista anticipa i tempi con “Germogliazioni. Visioni tra confini, natura, cultura ed ecologia” invitando a riflettere sui cicli di produzione della “terra”.
In questa personale l’artista recupera gli elementi naturali affondando le mani nella terra e nella sua personale matrice contadina, tanto da portarli a un’espressione artistica. Il fil-rouge delle opere è la memoria personale o collettiva che affiora nel presente sotto forma di opera d’arte. L’artista con l’istallazione “Germogliazioni. Visioni tra confini, natura ed ecologia” ci invita a condividere una riflessione ecologica, nonché ad una sensibilizzazione ambientale intesa come salvaguardia degli alberi, della “terra” e dell’essere umano.
L’intento è quello di spostare l’arte all’esterno, per veicolare messaggi forti
«Per me l’arte è comunicare – spiega Giancaterino – e l’ecologia è parte del dialogo con il contemporaneo. Per cercare di raggiungere un pubblico il più ampio possibile forzo spesso le strutture monolitiche dei musei proponendo progetti in progress e coinvolgendo gli spettatori in progetti collaborativi. In quest’ottica non creo oggetti, ma costruisco progetti articolati, installazioni che invitano alla riflessione. Con “Germogliazioni” invito a rilettere insieme sulla “terra” e i suoi cicli “naturali”».
Il percorso espositivo prende avvio all’interno della cappella affrescata del 1300. L’opera “Chicco e germogli” è messa in posizione verticale, al centro della sala. Dalla sommità escono le radici che procedono verso terra e fungono da sostegno. Sempre alla sommità esce il germoglio che va verso l'alto. Tutto questo è appoggiato su uno strato di carbone dal diametro di 2 cm circa dal quale parte una striscia di carbone che conduce all'altare dove troviamo l’opera “La goccia dell’acqua”.
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