Fatturato zero-allarme affitti: servono misure straordinarie
Secondo tale indagine, tra le misure già attivate, le imprese stanno utilizzando soprattutto la cassa integrazione in deroga (30,6%), la sospensione dei mutui (25%), la cassa integrazione ordinaria o il fondo di integrazione salariale (20,3%). Per ora, solo il 17,1% dei lavoratori autonomi sta chiedendo i 600 euro per il mese di marzo; il 18,7% degli imprenditori intervistati ritiene, invece, necessaria la sospensione del pagamento di tributi. Il 9,3% delle imprese sta accedendo anche alle procedure per la sospensione dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali.
Il settore dei pubblici esercizi appare tra i più fragili: il 60,3% degli imprenditori del settore esercita in locali in affitto, ma il 55,8% denuncia l’impossibilità di continuare a pagarlo ed il 23,1% ha già chiesto la sospensione del canone e la sua rinegoziazione, a fronte di un 21,2%, che conta di poter ancora far fronte all’onere. Il monitoraggio della F.I.P.E. evidenzia che è comunque chiuso l’85,5% delle imprese di somministrazione alimenti, nonostante possano svolgere l'attività seppur limitatamente alla sola consegna a domicilio (principalmente ristoranti, pizzerie, pasticcerie). Il restante 14,5% sta cercando di reinventarsi l’attività, mediante la consegna di cibo a domicilio e di questi il 6,3% si sta attivando per la Pasqua. La maggioranza (80%) svolge il servizio di consegna in proprio, riutilizzando propri dipendenti.
Il settore teme il prolungarsi della serrata per il contenimento del contagio: almeno il 42,7% degli imprenditori ritiene che si aprirà verosimilmente non prima di due mesi; oltre il 25% pensa che i tempi potranno allungarsi a tre mesi e più. La ripresa, inoltre, non sarà certo a regime: il 30,7% dichiara che dovrà licenziare parte del personale, il 42,1% è incerto sul da farsi, solo il 27,2% sembra intenzionato a ricostituire l’organico aziendale, che aveva prima del Covid-19.
«Le misure attivate dal Governo - sottolinea il presidente Zanon – sono un primo, piccolo salvagente. Con le settimane, però, si delinea la gravità della situazione e la necessità che al più presto si adottino misure davvero eccezionali e adeguate, a cominciare dalla liquidità, che deve essere immediatamente disponibile. Serve un credito garantito dallo Stato, che consenta prestiti a lungo termine, da restituire tra i 15 e i 25 anni, a seconda dell’utilizzo, anche per recuperare il gap tecnologico che l’emergenza ha evidenziato in molte micro e piccole imprese. È indispensabile anche che lo Stato si faccia carico di garantire un reddito ai lavoratori, che dovessero perdere il lavoro».
A preoccupare è l’immediato futuro, cioè le settimane, che tradizionalmente caratterizzano l’apertura della stagione primavera-estate, che appare già compromessa, a cominciare da Pasqua, 1° maggio e settimana di Pentecoste.
«Prima di parlare di fase 2 o 3 bisogna considerare che queste imprese sono nella fase del fatturato zero – aggiunge il presidente di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia – F.I.P.E. rileva che il 96 % degli imprenditori ritiene assolutamente insufficienti le misure finora adottate e chiede, a gran voce, la necessaria liquidità per coprire i mancati incassi ed un accesso al credito con interessi zero o agevolati. Confcommercio sta chiedendo in tutte le sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento dove si sta discutendo la conversione del decreto legge Cura Italia, che per salvare le imprese del terziario e le partite I.V.A. si debbano assolutamente moltiplicare le risorse economiche e finanziarie, decapitare la burocrazia inutile, annullare tasse e contributi, attivare una linea di finanziamenti garantiti dallo Stato a da altre istituzioni, Unione Europea compresa».
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