La plastica avvelena l’oceano: nel 2050 peserà più dei pesci
Sono le correnti oceaniche a mettere insieme i rifiuti, per il 49% oggetti monouso, e a portarli a formare il grande ammasso di reti, scarpe, secchielli, cotton fiocc, ciotole, carte di credito, bicchieri e piatti. E nel prossimo futuro anche mascherine e guanti prodotti durante la pandemia. Il peso della plastica raccolta in queste isole oceaniche, secondo una stima degli esperti, arriverà nel 2050 a superare quello totale dei pesci che vi nuotano dentro.
Proprio la pandemia aveva fermato nei mesi scorsi le navi di ricerca che stanno operando per raccogliere questo immenso ammasso di rifiuti galleggianti. Fa notizia, quindi, che una nave aderente al progetto di ricerca “Kaise”, la missione scientifica californiana lanciata nel 2009 dall’Ocean voyages Insititute, abbia raccolto in una sola campagna ben 103 tonnellate di plastica disperse proprio nell’area del “Great Pacific garbage patch”.
Ad ottenere questo record, è stato il “Kwai”, una imbarcazione di 42 metri, attrezzata con una tecnologia che permette di agire con maggiore efficacia e precisione. Sono stati infatti progettati dei radiofari galleggianti con gps e droni che permettono un accurato monitoraggio dell’area e rendono più facile organizzare le operazioni di recupero. Il vascello è partito dal porto di Hilo, nelle Hawaii ed è approdato poi a Honolulu, dopo 48 giorni. Naturalmente rispettando tutte le misure per garantire la massima sicurezza dell’equipaggio che si è imposto una quarantena di tre settimane ed effettuando i tamponi a ogni nuovo membro che saliva a bordo. La plastica raccolta viene poi inviata ad impianti specializzati che la trasformano in combustibile o la riciclano in materiali isolanti.