“VENEZIA 77” - CARO COMPAGNO ANDREI
A Novocherkassk, nella fabbrica di impianti di locomotive, gli operai entrarono immediatamente in sciopero, seguiti da operai di altre fabbriche, per poi scendere in piazza con striscioni che chiedevano uguaglianza e pane: un’atmosfera che riportava alla rivoluzione di ottobre. Ovviamente iniziarono incidenti, pare causati da ubriachi ed affiancatori, e subito i reparti speciali del Ministero degli interni aprirono il fuoco sui manifestanti (non è ancora provato se fossero ufficiali del KGB o soldati dell’Armata Rossa). Drammatico risultato con 87 feriti e 26 morti che vennero sepolti separatamente in fosse comuni. Inoltre ne seguì un processo repressivo in cui vennero condannate 7 persone alla pena capitale e 105 ad una detenzione di carcere duro fino a 15 anni. Per molti anni questo massacro rimase quasi celato dietro l’alone della leggenda con ricostruzioni basate essenzialmente su fonti orali. L’ Occidente ne rimase all’oscuro e la stampa sovietica non ne parlò fino alla perestroica .
La protagonista è Lyudmila, fortemente legata al partito comunista profondamente contraria al dissenso che assiste alla repressione con incredulità e subisce la perdita della giovane figlia, mettendo quindi in dubbio le proprie ideologie. Come dichiara lo stesso regista, l’intenzione del film è la ricostruzione massimamente accurata non solo di un episodio criminale ma di “un’epoca in cui la storia ha rivelato l’incolmabile divario fra gli ideali del comunismo e la drammatica realtà dei fatti”.
Protagonista del film è la moglie del regista, la splendida Yuliya Visotskaya, già sua protagonista in “Paradise”, con cui vinse il secondo Leone d’Argento a Venezia 73 (il primo gli andò a Venezia 71 per “Le Notti bianche del postino”).
La carriera di Konchalovsky è variegatissima, anche attore per Tarkovskij, è sceneggiatore e produttore, e lo scorso anno è tornato alla ribalta con la sua autobiografia “Scomode verità”.
Nel libro, sincero e spontaneo, racconta anche come con il primo milione guadagnato in America, abbia acquistato i diritti per un remake di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri. Inutilmente purtroppo. C’è ovviamente il periodo sovietico con i suoi incontri con Bertolucci e soprattutto l’amore totale per il cinema ed i suoi autori prediletti, Kurosawa, Bunuel e Fellini, con una amarezza di fondo per essersi sentito ingabbiato dal sistema americano che non gli permise di esprimersi in piena libertà creativa. Konchalovsky ha fortunatamente ritrovato il suo stile russo vicino al regista Kalatozov ed agli scrittori Gogol e Platonov.
Già dagli anni ’90 col suo ritorno a casa, è iniziata la sua nuova vita d’artista. Già nel suo immenso “Paradise” ha mostrato la violenza sullo spirito, non meno dolorosa di quella sul corpo. Il suo intento costante è far riflettere il pubblico ‘farlo lavorare’, come dice il regista, e costringerlo a sapere e poi ricordare.
Commovente e coinvolgente il credo di questo ‘giovane’ maestro di cinema : “Soltanto quando il pubblico diventa il tuo coautore, e non si limita a vedere, puoi dire di aver girato un buon film”.
Mariateresa Crisigiovanni
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