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VENEZIA77 - LILIANA CAVANI, LA SCOMODITÀ DIETRO LA CINEPRESA

15/09/2020
VENEZIA77 - LILIANA CAVANI, LA SCOMODITÀ DIETRO LA CINEPRESAIn quest’anno di scelte difficili e coraggiose, dove la Mostra si è vista costretta a decentrare una rassegna irrinunciabile come “Classici Restaurati”, ed a cancellare la rassegna “Confini”, si rafforza invece il panorama di Notti Veneziane nate dalla collaborazione delle Giornate degli Autori con la rassegna “Isola Edipo”: in programma lavori che valorizzano il dialogo tra Cinema e Teatro ed un premio al Cinema dell’Inclusione per l’opera completa di Liliana Cavani che sarà festeggiata al Teatro Goldoni.
Per lei il cinema ha rappresentato una passione totalizzante e la salvezza dal pessimismo. Autrice fondamentale per la storia del cinema italiano, irregolare e scomoda, considerata da molti ‘angelo del male, pericolosa per le anime pure’ fondava a Carpi appena adolescente, un cineforum “per poter vedere i film colti, quelli che nessuna sala proiettava, e per rivedere Rossellini e De Sica”.
Il suo cinema, dopo la crisi del neorealismo, supera l’immediatezza del visibile attraverso metafore e simbolismi. Una sua recente affermazione: “Quello che manca oggi è la conoscenza della Storia. Al liceo non si studia il XXI secolo. Lavorando in televisione ho imparato l’importanza del passato per comprendere il presente. Per combattere la superficialità e l’ignoranza dobbiamo pretendere una scuola migliore”. Ed infatti i sei documentari realizzati per la Rai quando era giovanissima, tra il ’62 ed il ’65, sono una carrellata colta attraverso temi cruciali della storia contemporanea, dove l’autrice usa anche inediti materiali di archivio. A ricordo tra tutti “La donna nella Resistenza”, una lucida e dolorosa inchiesta per la quale incontrò due sopravvissute dei campi di concentramento. La prima era stata internata adolescente a Dachau e la seconda non era mai più tornata dopo Auschwitz dalla famiglia. Questo documentario è considerato l’ideale punto di partenza de “Il portiere di notte” per cui Cavani ottiene il successo internazionale. La presenza dello straordinario montatore veneziano Kim Arcalli diede ulteriore genialità al film. La stessa regista dice di lui: “Kim riuscì ad inserire tutti i flash-back ed a renderli indispensabili al racconto, creando con le sfasature temporali la suspence laddove temevo la ripetitività. Senza di lui il film non sarebbe stato così ben raccontato. Forse non sarebbe esistito”.

È modesta Liliana Cavani e semplice; ad 87 anni possiede vitalità e fascino. Ho avuto la fortuna di conoscerla e seguirla da vicino quasi quarantanni fa. Non è cambiata, arguta e sommessa e tuttavia determinata ed innovativa come allora. Da sempre scomoda per la sinistra, censurata dai benpensanti: il “Portiere di notte” venne considerato un film scandaloso, e ritirato ben tre volte, e per il San Francesco interpretato da Lou Castel ci fu un’interpellanza parlamentare poiché il patrono d’Italia non poteva avere la faccia di uno che ne “I pugni in tasca” di Bellocchio, faceva fuori tutta la famiglia. Contro tutti Cavani portò avanti il suo film ritenendo la figura di Francesco la più perfetta per rappresentare un’idea di fraternità.

Ed ha contestato anche la contestazione del ’68. A Venezia in questa occasione Bertolucci e Pasolini ritirarono i loro film. Lei no! Lascia che proiettino il suo “Galileo”. Dice: “Non credevo a questa manfrina festivaliera. I contestatori li avevo visti a Milano con i Rolex d’oro. Non mi convincevano”.
A Venezia ’69, Premio Speciale Pasinetti, presenta uno dei suoi ultimi lavori “Clarisse”, un docu di 21 minuti girato con una troupe di sei uomini, dalla mattina alla sera, d’inverno, in un convento di clausura. “Da un pezzo – dice – avevo una curiosità: incontrare una comunità di Clarisse per scoprire come vivono”. Ne risulta un incontro privato fatto di domande e risposte senza alcuna preparazione. Una conversazione coinvolgentissima tra lei e loro (e lo spettatore ne è travolto) dove le monache mostrano con sicurezza e consapevolezza la debolezza di un mondo non così invidiabile. Sono donne aggiornate, con grande senso di civiltà culturale, mai polemiche, e forti e fiduciose della loro fede.
“Gesù era misogino?” chiede Cavani. “No, assolutamente, non faceva distinzione tra le persone”. E ancora: “La vostra arma è la preghiera. Che arma è?”. “Un ‘arma debole, molto fragile per la società di oggi, a volte anche per i preti siamo quasi inutili”.

Mariateresa Crisigiovanni

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