Annuario Apat: statistiche agro-ambientali da rivalutare
A tal proposito, è eclatante quello che sta accadendo per la direttiva nitrati.
Da un primo esame degli indicatori racchiusi nell’area tematica “idrosfera” del Rapporto Apat, sia in termini di qualità dell’informazione, sia in termini di stato e di trend, non si evidenziano valori particolarmente negativi. Anzi in alcuni casi i dati (del periodo giugno 2003 - giugno 2004), dicono che il 64% delle stazioni campionate presenta uno stato elevato, il 29% uno stato buono, il 6% uno stato mediocre e appena lo 0,4% uno scadente. Peraltro i dati, man mano che ci si allontana dalle coste (da 500 m fino a 3.000 m), migliorano ulteriormente, fino a raggiungere in quasi tutte le stazioni di campionamento valori ottimali.
Pur a fronte di dati ambientali positivi, o comunque non negativi, c’è il rischio che l’agricoltura italiana debba confrontarsi con un possibile dimezzamento del carico di bestiame per ettaro, e con difficoltà crescenti per le principali colture, a partire dal mais.
“Allora - si è chiesto Federico Vecchioni - a che serve avere statistiche ambientali aggiornate, se si deve soggiacere ai diktat di una disposizione comunitaria che non ne tiene conto? “
Il presidente della Confagricoltura ha spiegato come - in applicazione della direttiva 91/676/CEE - venga chiesto all’Italia di ampliare le “zone vulnerabili” e di adottare programmi d’azione ulteriormente vincolanti per gli agricoltori. Tutta l’area geografica del bacino del Po, zona a forte vocazione zootecnica, (circa 46.000 km²), diventerebbe così zona “vulnerabile”. “Ma di vulnerabile - ha aggiunto il presidente di Confagricoltura - ci sono solo la nostra zootecnia, ed i prodotti lattiero-caseari di alta qualità realizzati in loco, che rappresentano il “cuore” del made in Italy agroalimentare”.