Memorie di Adriano con Giorgio Albertazzi
E' Memorie di Adriano, l'autobiografia immaginaria che Marguerite Yourcenar dedica all'uomo che fu imperatore di Roma dal 117 al 138 d.C., e che è diventata, con la regia di Maurizio Scaparro, uno spettacolo culto che da oltre 15 anni accompagna Giorgio Albertazzi, straordinario protagonista.
Dopo il debutto del 1989 a Villa Adriana di Tivoli, suo palcoscenico "naturale", rappresentato più volte con successo in Italia e all'estero, Memorie di Adriano, nella riduzione di Jean Launay, torna ancora una volta sul palcoscenico.
Un Giorgio Albertazzi "di strepitosa semplicità e misteriosa verità" interpreta l'imperatore che ha "governato in latino ma in greco ha pensato, in greco ha vissuto". Un Adriano immerso in riflessioni e malinconie, che viene attraversato da ricordi che si materializzano sul palcoscenico: con gli occhi della mente e del cuore vede l'amato Antinoo che danza il suo amore senza domani, si intenerisce per un canto dell'infanzia, si appaga dei precetti dell'antico maestro. Momenti della vita di un grande uomo che sapeva che ogni felicità è un capolavoro da assaporare tra tensioni e travagli.
Il mio incontro con Adriano di Margherite Yourcenar non è quello tra un attore (non mi ritengo tale…) e un cosiddetto carattere teatrale. E' un incontro "molecolare", perciò Adriano cambia, come cambia il mio sistema cellulare… Confesso che spesso mi chiedo qual è la vera ragione del successo che ha ottenuto e ottiene Memorie di Adriano.
Si tratta, alla fin fine, di brani di una vita scritta dalla Yourcenar rifacendosi certo a "pietre autentiche" ma pur sempre pietre, spesso sconnesse, per così dire "isolate" dal contesto, frammenti appunto, talvolta immaginari, della vita di uno dei più grandi, nel senso dell'umano e della prudenza, imperatori romani.
Ma se fosse proprio qui la causa del successo e della suggestione? Come nel caso di Saffo, quelle rime smozzicate, alcune tronche altre disarticolate, sono fonte di tale provocazione lirica da costringerci a riempire le presunte cavità della nostra emozione e della nostra passione.
Adriano che raccontasse in una sequenza di scene coerenti e drammaturgicamente concatenate, con tanto di inizio e di conclusione, ci lascerebbe forse indifferenti.
Il nostro è un tempo di incertezze e di frammenti.
Giorgio Albertazzi
C'è una frase di Flaubert che forse, meglio di tutte, spiega il fascino immortale del protagonista di quest'opera di Marguerite Yourcenar: quando gli dèi non c'erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c'è stato un momento unico in cui è esistito l'uomo, solo.
Adriano è più di un uomo, è l'immagine, o meglio il "ritratto" di ciò che noi siamo oggi, nelle sue parole ritroviamo le radici del pensiero occidentale e della nostra storia. Ma mai come oggi questo spettacolo e questo testo mi sembrano così attuali. In un mondo che sembra lentamente sfaldarsi sotto i colpi dell'intolleranza, della guerra, dell'egoismo, degli interessi mercantili, le parole di Adriano assumono un significato nuovo, profondo, che mi aiuta, e ci aiuta a riflettere sul nostro momento storico indicandoci, forse, uno spiraglio di speranza:…non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole, altri frontoni sorgeranno dai nostri frontoni, dalle nostre cupole… e se i Barbari s'impadroniranno mai dell'impero del mondo, saranno costretti ad adottare molti nostri metodi; e finiranno per rassomigliarsi.
Maurizio Scaparro
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