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Produrre energia da rifiuti: opzione indispensabile

20/02/2007
Possono essere poco graditi, spesso sono decisamente avversati, ma i termovalorizzatori – che producono elettricità e calore bruciando i rifiuti – sono ancora una necessità. L’importante è che questo processo avvenga in impianti sicuri e non inquinanti, in un’ottica di massima difesa della salute dei cittadini e di tutela dell’ambiente. È questo, in sostanza, ciò che è emerso nel corso del convegno “Il recupero energetico dai rifiuti: esperienze internazionali a confronto”, organizzato da Federambiente, Cispel Confservizi Toscana e Quadrifoglio Spa a Firenze.

“La sfida della realizzazione d’un termovalorizzatore – ha detto il presidente di Quadrifoglio, Marco Maria Samoggia – i gestori la vincono sulla base delle migliori scelte tecnologiche e d’efficienza, per produrre energia e teleriscaldamento. L’impegno dev’essere mirato alla migliore gestione congiunta a una corretta informazione ai cittadini”. “Occorre usare tutti gli strumenti necessari – ha affermato il presidente della commissione Ambiente di Cispel Conservizi Toscana, Paolo Regini –, con un approccio pragmatico. Come sistema di aziende pubbliche puntiamo non solo a incrementare la raccolta differenziata e a ridurre il quantitativo di rifiuti prodotti, ma a usare tutte le politiche impiantistiche, comprese quella della termovalorizzazione, per garantire una gestione ottimale dell’igiene ambientale”.

“Noi – ha sottolineato fra l’altro nella sua relazione il presidente di Federambiente, Daniele Fortini – siamo pienamente d’accordo con la gerarchia fissata dalla UE per il trattamento dei rifiuti urbani: prima di tutto riduzione della produzione, subito dopo raccolta differenziata e soprattutto riciclaggio. Dopo queste operazioni, però, avanza un’ampia quota di rifiuti (in Italia 18 milioni di tonnellate/anno su un totale di poco meno di 32 milioni) che possono prendere solo due strade: o la discarica o il termovalorizzatore, ben sapendo che mettere i rifiuti in discarica significa solo nasconderli e lasciarli in velenosa eredità ai nostri figli e nipoti”.

L’Italia, da questo punto di vista, è ancora molto indietro: a termovalorizzazione viene oggi avviato il 12% dei rifiuti urbani, contro una media europea – come ha spiegato Ella Stengler, direttore di CEWEP, l’associazione europea degli impianti di produzione d’energia da rifiuti – del 24%. E sia Stengler sia Nickolas Themelis, presidente del WTERT della Columbia University di New York, hanno sottolineato il contributo che la termovalorizzazione dei rifiuti può dare alla riduzione di emissioni di gas serra, grazie a impianti sempre più “puliti”. “Un quarto d’ora di fuochi artificiali la notte di Capodanno del 2000 a Londra – ha raccontato Ella Stengler citando dati dell’Agenzia inglese per la protezione dell’ambiente – ha prodotto la stessa quantità di diossine che un singolo termovalorizzatore emette in 120 anni d’attività”.

Gli atti del convegno – che è stato concluso da Erasmo D’Angelis, presidente della commissione Ambiente del Consiglio regionale della Toscana – saranno disponibili da domani sui siti di Federambiente (www.federambiente.it) e di Cispel Confservizi Toscana (www.cispeltoscana.net).



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