Egregio Senatore, per colpa sua mi sono sentito offeso, peggio, indignato.

Ho seguito con attenzione il dibattito al Senato sulla fiducia al Governo. Credo sia mio dovere, come rappresentante dei giovani agricoltori di Confagricoltura, avere una visione non spenta sui problemi della società e del Paese. Come cittadino e agricoltore sono rimasto soprattutto colpito da un passaggio della sua dichiarazione di voto. Spero si sia trattato soltanto di una battuta. Lei ha voluto relegare l’agricoltura in un ghetto, definendola “una questione banale”.

Non era questa la tradizione del partito in cui lei ha a lungo militato. Un partito che all’agricoltura teneva, eccome. A costo di litigare – con la Spagna – per “un cespo d’insalata”. E se l’avessero fatto anche altri, oggi il paese iberico non ci surclasserebbe per dinamismo e per export agro-alimentare.

E poi i riferimenti! La coltivazione delle barbabietole riguarda anche il collegio dove Lei è stato eletto, grande bacino bieticolo e agricolo che ha contribuito al suo successo. L’Italia ha subito un forte ridimensionamento del settore bieticolo saccarifero.

Da 19 zuccherifici ne rimangono in attività 6; di 240 mila ettari a bietole ne restano 105 mila: l’occupazione agricola e industriale ne ha pagato le conseguenze. Ecco come la sua “questione banale” è diventata un disastro economico e sociale.

Quanto ai cavolfiori chi li produce vive giorni sufficientemente tranquilli; come possono essere quando il quadro climatico ha sconvolto date di raccolta degli ortaggi, della frutta e i relativi consumi.

Sono convinto che la polemica sia il sale della politica, ma la leggerezza – mi perdoni – credo non possa essere ignorata nemmeno una volta.

Noi giovani agricoltori continuiamo a guardare avanti perché crediamo nel futuro dell’agricoltura italiana e ci investiamo capitali e passione.

Sono convinto, alla luce di tutto questo, che vorrà impegnarsi per il riscatto o almeno per il rispetto dell’agricoltura italiana.

Gerardo Diana

Presidente