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Acqua e semi, beni comuni per garantire un futuro alla terra

03/04/2006
Sono quelle della tutela della biodiversità e della tutela dell’acqua le sfide lanciate a Terra Futura da Vandana Shiva, direttore Fondazione di Ricerca per la Scienza, Tecnologia, ed Ecologia «Solo mantenendo queste risorse pubbliche, considerandole beni comuni è possibile garantire la salvezza e la salvaguardia del pianeta e della popolazione che ci vive». Shiva apre denunciando, instancabile, i gravi problemi conseguenti alla privatizzazione dell’acqua: «Quello principale è che l’acqua viene trasformata in merce e resa inaccessibile alla natura stessa, ad animali, piante e… ai poveri. Così l’acqua non scorre più secondo le regole della gravità , dalle colline al mare, ma seguendo le regole del profitto. Ciò porta anche più corruzione e conflitti e guerre, come purtroppo stiamo vedendo nel mondo. Così l’acqua diventa una sorta di “petrolio†per le multinazionali, che, come hanno investito per estrarre e privatizzare il petrolio, ora stanno cercando di farlo anche con le risorse idriche. Ma negare ai cittadini più poveri l’acceso a un bene come l’acqua vuol dire negare loro la possibilità di esistenza».

La privatizzazione è necessaria, si dice, perché solo con i relativi investimenti si potranno realizzare le infrastrutture: «È una bugia – sostiene Shiva -, perché questi soldi arrivano alle imprese multinazionali principalmente dai prestiti della Banca mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, e quindi gli investimenti delle multinazionali sono indirettamente i soldi dei privati cittadini. Le conseguenze della privatizzazione dell’acqua sono dunque non accesso all’acqua - perché “privatizzazione†dell’acqua significa nei fatti “esclusione†-, aumento delle tariffe, e aumento del debito pubblico nei confronti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale da parte di paesi già poveri. Alcune ripercussioni poi si riflettono nel corso degli anni come a Manila, in Sud Africa, in Argentina; a causa delle garanzie sui prestiti, anche quando le multinazionali se ne sono andate, senza rispettare i contratti, i paesi si sono trovati a pagare comunque il debito anche negli anni successivi. È questo il motivo principale per cui in India hanno lottato – e ci sono riusciti - per bloccare l’ingresso della Suez nella gestione delle acque di Nuova Delhi.

L’acqua come bene commerciale diventa motivo di conflitti tra stati ma anche tra comunità . Come rischia di accadere se sarà avviato un altro grande progetto della Banca Mondiale, quello del “River Linking†che intende unire il percorso di alcuni fiumi in India. «200 milioni di dollari di investimento – racconta Shiva -. In India stiamo facendo resistenza perché se questo progetto venisse realizzato significherebbe la guerra tra un bacino e un altro bacino, tra una comunità e l’altra, e guerre tra Nepal e India, Bangladesh e India, Cina e India. Noi invece vogliamo la pace».

Shiva sottolinea poi il fondamentale ruolo dei movimenti, della società civile. «Nella stessa Nuova Delhi il movimento è riuscito a cacciare la Banca Mondiale e ora è previsto un piano di cooperazione tra il sistema di distribuzione idrica e la cittadinanza, una Public Partnership, “pubblica†davvero».

Un esempio spettacolare è Cocha Bamba (Bolivia), dove un movimento dal basso è riuscito a cacciare la “Bentel†e si è formata una comunità -cooperazione, tra cittadini, sindacati, chiese per la gestione comune dell’acqua.



Riflessioni simili per i semi e la biodiversità , che vanno tutelati anch’essi come bene comune. «Manipolare la biodiversità (ogm) è eroderla – spiega sempre Shiva -, e significa erodere con essa i diritti di sopravvivenza dei contadini. In India 40.000 contadini si sono suicidati da quando la Monsanto ha iniziato a introdurre semi geneticamente modificati, i cosiddetti “semi terminatorâ€, che durano un solo raccolto e costringono ogni volta i contadini a ricomprarli».

E a proposito di semi e di agricoltura sostenibile, ieri a Terra Futura tre coltivatori “custodi†toscani sono stati premiati per il loro impegno nella conservazione della biodiversità : un’iniziativa di ARSIA e di Regione Toscana. All’elenco dei “custodi†sono iscritti oggi 58 coltivatori toscani, che dal 1999 hanno riprodotto oltre 400 campioni di semi conservati presso la Banca regionale del germoplasma.



Sempre Regione Toscana e Arsia, in collaborazione con Legambiente Toscana, hanno presentato il “Progetto Activaâ€: uno studio per capire le potenzialità di sviluppo di alcune filiere agroindustriali toscane - colture dedicate ad uso energetico, biocarburanti, biolubrificanti, fitofarmaci di origine vegetale, fibre naturali, coloranti naturali, bioplastiche - e le potenzialità produttive di specie vegetali con utilizzazioni non alimentari. Il progetto culminerà , entro la fine del 2006, in una sperimentazione che vedrà viaggiare in Toscana autobus di linea, urbani ed extraurbani e camionette della nettezza urbana alimentati con carburante naturale, il biodiesel derivato dall'olio di girasole.

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