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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

Agenzia giornalistica, radiotelevisiva e di comunicazione

Il Futuro dei giornali di carta

26/03/2007
Pare che i quotidiani di carta abbiano i giorni contati. Tra qualche anno, si potranno leggere i giornali solo via internet. Questo secondo le previsioni del giornalista statunitense Philip Meyer, che in un volume analizza l’andamento dell’economia, giungendo alla conclusione che il business del giornale stampato non proseguirà a lungo. Almeno in America, dove le pagine del prestigioso “New York Times” starebbero per trasferirsi definitivamente sul web. Sarà così anche in Italia? Se ne è parlato al Festival Internazionale di Giornalismo di scena a Perugia, in un incontro-dibattito dal titolo “L’ultima copia del New York Times”, che è anche il titolo del libro del giornalista della Stampa, Vittorio Sabadin, libro che è stato presentato nell’occasione, davanti ad una platea letteralmente gremita, composta soprattutto da giornalisti in erba. Ed è proprio a loro che l’autore del libro si è ispirato. “Parlando con gli studenti del corso di Scienze della Comunicazione di Torino, ho appreso che non avevano idea di che tipo di redazione avrebbero trovato da lì a pochi anni, se saranno impegnati come giornalisti “ ha affermato Sabadin,

A proposito del New York Times, i numeri lasciano pochi spazi ai dubbi: il quotidiano ha un milione di lettori, che però stanno diminuendo e, di conseguenza, diminuisce il fatturato, mentre aumentano i lettori del sito internet, che oggi sono 1.500.000, 500mila più della versione cartacea.

A quanto la data dell’ultima copia del quotidiano statunitense? Secondo lo stesso editore l’ultima copia del New York Times sarà stampata addirittura nel 2013.

Non si tratta, però, di una scelta legata solo all’andamento del mercato: alla base c’è anche l’annosa questione della salvaguardia dell’ambiente. Infatti, per stampare un giornale bisogna distruggere una foresta, fare pasta degli alberi, trasformarla in carta che viene trasportata da navi e camion (i quali, com’è noto, inquinano), poi le copie vengono stampate, caricate su camion e portate nei punti di distribuzione. Il lettore deve poi andare a prelavarle. E non tutti, dopo aver letto il giornale, lo buttano nel contenitore della carta da riciclo.

Ci sono anche altri motivi, però, legati al fatto che le vendite dei quotidiani calano inesorabilmente. Innanzitutto perché la gente ha meno tempo a disposizione per leggere i giornali, tant’è che oggi avere i venti-trenta minuti necessari alla lettura di un giornale è davvero un lusso. Inoltre, nessuno ha bisogno di acquistare un giornale del mattino per sapere cosa è successo il giorno precedente. Ormai si sa tutto nel momento in cui accade, perché con web e telefonia mobile si può informare in tempo reale. L’unica ancora di salvezza dei quotidiani cartacei, secondo Sabadin, è la free-press.

Passare dalla carta alla rete, tuttavia, implica una serie di attività che i giornalisti devono imparare: innanzitutto, è stato detto, le due redazioni, quella “su carta” e quella online saranno unificate in un’unica newsroom multimediale, nella quale i giornalisti dovranno imparare a trattare i nuovi sistemi editoriali.

Pioniere, in tal senso, è un altro prestigioso quotidiano: il Financial Times, che è stato il primo ad adottare le nuove tecniche ed unificare le redazioni.

E non è destinato ad essere un caso isolato. “Sono convinto che tra venti o trent’anni non vedremo più giornali su carta” ha detto l’autore, il quale però ha precisato che una via d’uscita ci sarebbe: consiste nel fatto che i giornali offrono qualcosa che gli altri media non hanno: gli approfondimenti. Perché se in un primo momento può bastare il fatto di sapere che cos’è successo, poi si sente il bisogno di capire come e perché è successo.

Tra l’altro, un conto è quello che succede in America, un conto è la situazione italiana. “In italia siamo ancora molto in ritardo su questo processo, lo si vede dallo scontro tra editori e giornalisti, uno scontro che guarda al passato.” Ma bisogna fare i conti anche con il futuro.”Dobbiamo pensare a un futuro in cui i giornalisti dovranno fare più cose in una redazione multimediale” ha affermato Sabadin. “Bisogna imparare ad utilizzare video e fotocamere per inviare subito un documento al sito e poi scrivere per l’edizione stampata.” Chi non può, o non vuole, adeguarsi, probabilmente finirà per mettere a rischio la propria professione. Basti pensare che pochi mesi fa Rupert Murdoch tenne un discorso a Londra dicendo che, in questo mondo dominato dalle nuove tecnologie, in comunicazione non vince chi è più grande, ma chi è più veloce a capire i cambiamenti ed agire di conseguenza. Queste novità, quindi, possono diventare potenti alleati, non nemici del giornalismo.

Secondo Luciano Moretti, presidente CO.RE.COM. - Comitato Regionale per i Servizi Radiotelevisivi - dell’Umbria, che ha moderato l’incontro, la tecnologia è però un’arma a doppio taglio. “Se non fosse subentrata la nuova tecnologia” ha affermato “la data della stampa dell’ultima copia si sarebbe dovuta anticipare. La curiosità è sapere come l’editoria europea si sta attrezzando e come lo sta facendo l’Italia in particolare.” “Nel mondo ci sono diecimila quotidiani, diecimila capiredattori. Si tratta di una piccola comunità, un paese piccolo, perché sono pochi giornali, ma sono molto importanti per la democrazia” è il parere di Bertrand Pecquerie, direttore del World Editors Forum di Parigi, intervenuto al dibattito, il quale ha evidenziato che, in realtà, il calo di vendite dei quotidiani non è storia recente e non dipende, pertanto, solo dall’avvento del web.

“Il quotidiano non fa più parte dello status sociale, com’era all’inizio dell’900.” ha detto Pecquerie. “Oggi per un ventenne leggere un quotidiano è inutile.

Eppure Pecquerie non ha previsioni pessimistiche.

”C’è una minaccia per i giornali nazionali, ma non per i locali, perché sarà sempre indispensabile leggere un giornale locale”. Comunque, secondo il direttore, anche radio e tv non sono immuni da minacce. “Sono media vecchi. Non si può più parlare di mass media, ma di medium che si adatta ad un certo tipo di lettori. Oggi, se un giornale vuole sopravvivere, deve convincere giovani, pensionati e diverse altre categorie, ma questo si può fare online. La prossima rivoluzione” ha affermato “non è tecnologica, è di mentalità.”

Se questo è lo spirito, pertanto, in molti si chiedono se, oltre a cambiare il messo di diffusione, cambierà anche linguaggio della stampa.

Secondo Pecquerie sì “Non è un problema di tecnologia” ha ribadito. “Non sappiamo più cosa è informazione. O meglio, lo sappiamo noi che siamo giornalisti, ma non lo sa la gente, il pubblico.” Ed è proprio al pubblico che bisognerà adeguarsi, operando ancora una volta un cambio di mentalità.”

E’ stata anche posta in evidenza la possibilità di ascoltare i giornali. Per pochi centesimi di euro, si potrà acquistare un quotidiano ed ascoltarlo. Ma a questo punto, verrebbe da dire: c’è già la radio, che oltretutto si può ascoltare gratis…



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