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Venezia quarant’anni dopo l’alluvione: un libro

30/03/2007
Non solo un racconto di quella tragica alluvione del ’66, ma un messaggio da parte di uno psicanalista, con teorie provocatorie: è questo il libro “Quarant’anni dopo. Dieci variazioni sul tema di Venezia”, scritto da Antonio Alberto Semi, pubblicato grazie al Consorzio Venezia Nuova. Il volume è stato presentato all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, davanti ad una gremita folla di persone note e non. Un modo per analizzare la vita della città dopo quel tragico evento, per capire com’è cambiata Venezia, se quel dramma è servito quantomeno a maturare, ma anche per ipotizzare il futuro in laguna, alla luce dei tanti problemi che affliggono quotidianamente la città, vedi lo spopolamento ed il turismo selvaggio.

“Io ho la sensazione che a Venezia non si parli d’altro che della popolazione. Credo anche, però, che non abbiamo voglia di essere ascoltati” ha detto Semi. “”Da anni” ha continuato “non abbiamo più una classe dirigente e credo che questa sia una nostra scelta.” Quanto allo spopolamento, Semi non ha mezzi termini: “Venezia non può avere un’abitabilità. Si deve arrendere a fare da vetrina, una soluzione comoda, redditizia, da non disprezzare. Dal punto di vista economico, infatti, non ha senso restare a Venezia, non è conveniente.” Ma non sono solo i prezzi alti a determinare l’esodo. “I giovani se ne vanno perché non ci sono occasioni di lavoro, fonti di produzione” ha affermato Semi. “Certo, se uno si accontenta di un banco, per fare il venditore ambulante, può rimanere, ma i laureati, i ricercatori universitari che vogliono insistere su questa strada, se ne devono andare. E’ così che si distrugge una città”.

Alla presentazione hanno preso parte anche esponenti del mondo politico e culturale della città. “All’inizio ero diffidente nei confronti di questo libro, invece leggendolo ho riscontrato molta ironia. E’ stata una lettura piacevole e un po’ surreale” ha detto il giornalista Roberto Bianchin. “L’autore” ha continuato “ ha una tesi che ad una prima impressione sembra ardita: cioè che il trend di spopolamento sia stato quasi voluto dal potere politico. E’ una tesi provocatoria, ma con un fondo di verità.” Quanto ai problemi di Venezia descritti dal libro, anche qui le tesi sono molto severe. “Il libro racconta l’orrore – è questa la parola esatta – di quanto e come i veneziani siano cambiati in peggio.” Ha ribadito Bianchin.

“Io non voglio fare nessuna polemica a riguardo, anzi voglio esprimere la mia emozione per un testo che ha poteri evocativi” ha affermato Cesare De Michelis, ordinario di Letteratura all’Università di Padova. “Il ricordo” ha detto “di quel giorno e quella notte in cui c’era vento di scirocco, ma sono stati spenti tutti i termosifoni. Un silenzio inquietante interrotto da alcuni imbarazzanti rumori. Ma contemporaneamente all’inquietudine, all’incertezza, c’è una struggente nostalgia di quella che, per molti, era la stagione della giovinezza, quando stavamo agendo da protagonisti sulla nuova possibilità della vita di Venezia.” Quanto al turismo, anche De Michelis ha espresso una tesi molto decisa. “Mille anni di storia, di arte, di civiltà, non sono di nessuno. Detto questo, smettiamola di pensare che il turismo sia la rovina di questa città. Pensiamo invece a governarlo. Non c’è speranza per nessuno, se si considera Venezia come un’isola felice nel mondo. E allora, apriamo Venezia al territorio e così i problemi che oggi sembrano irrisolvibili possono invece sembrare superabili”.

“Leggendo il libro, mi sono ricordato della mia personale madeleine proustiana, cioè l’odore di salso della città” ha affermato Andrea Rinaldo, ordinario di Costruzioni Idrauliche all’Università di Padova. “Non si può tornare alla Venezia di una volta” ha continuato “perché il modello economico che la sosteneva se n’è andato. Leggendo il libro, comunque, ho trovato divertenti molti aneddoti, tra cui i dubbi dei veneziani ed anche la “crisi matrimoniale” tra Venezia e Nettuno. La lezione che ne viene è: smettiamola di litigare, ma mettiamoci al lavoro per togliere gli ostacoli al futuro di Venezia.”

Insomma, un pomeriggio interessante, quello di scena a Palazzo Cavalli Franchetti. E non è mancata una frecciatina dell’autore nei confronti dei relatori: “Non mi è costata nessuna fatica quella di starvi ad ascoltare. Del resto, è il mio lavoro, sono uno psicanalista!” ha affermato, tra le risate dei presenti.

Una curiosità: durante l’evento, sono stati letti alcuni passi del libro da un attore veneziano, Stefano Scandaletti, formato alla Scuola dell’Avogaria di Venezia, che al suo attivo ha già alcune collaborazioni con Monicelli, la Archibugi e Benigni.

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