Il rapporto Onu sottoscritto venerdì scorso a Bruxelles da 124 Paesi ha sottolineato l’estrema gravità della situazione ambientale del nostro pianeta. Molti esperti hanno delineato uno scenario apocalittico per il nostro pianeta, se non verranno adottati severi provvedimenti contro l’effetto serra e l’inquinamento globale. E tra i sottoscrittori ci sono anche Cina, India e Stati Uniti, considerati oggi tra i maggiori inquinatori del pianeta. Questo è un risultato importante, sempre che le difficoltà non arrivino quando tra un mese e mezzo l’assise degli esperti mondiali si riunirà a Bangkok per approvare i provvedimenti da adottare. Solo un radicale e globale cambiamento del modo di produrre e di vivere potrà salvarci dalla catastrofe ecologica. E il Veneto ci sta provando. Infatti le nostre imprese stanno attentamente valutando l’opportunità di dirottare forti investimenti nei settori del solare termico, fotovoltaico, biomasse e biogas. Ne è la prova la recente iniziativa per la costruzione di un grande impianto di bioenergie a Marghera. Insomma molti hanno capito che questa è la strada da seguire, se non vorremo vedere, tra 20 o 30 anni, i nostri fiumi inaridire, i nostri ghiacciai scomparire e Venezia affondare nella melma della laguna. Le cause dei cambiamenti climatici, che determineranno gli eventi catastrofici da più parti temuti, sono in massima parte dovute alle immissioni in atmosfera di gas serra (CO2, anidride carbonica) e altri inquinanti. Pesa in questo bilancio anche il ruolo delle cosiddette “tigri asiatiche”, che già nel 2002 erano state sospettate di inquinare oltre misura e ora questo allarme è stato ripreso dall’Unep (Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), che in una nota scrive che una nube di inquinanti, spessa 2 chilometri e grande 16 milioni di chilometri quadrati incomberebbe sul sud-est asiatico, con tendenza allo spostamento verso occidente. Ciò è il risultato della deforestazione, ottenuta con colossali incendi e delle emissioni della combustione di carboni fossili e derivati del petrolio. Bruxelles ha lanciato un ennesimo monito all’umanità ed ai decisori politici affinché si torni a dare priorità alla salvaguardia dell’ambiente anziché al consumismo esasperato. Il “global change”, il cambiamento climatico planetario, che mette in discussione l’economia e lo stato sociale e sanitario dell’intero globo, è un tema che spesso viene affrontato nei summit internazionali che, a partire da Kyoto, hanno tentato di limitare le emissioni nocive. Spesso gli accordi internazionali per una riduzione delle emissioni inquinanti non vengono sottoscritti dalla totalità delle nazioni partecipanti o se vengono accettati lo sono con clausole che ne limitano l’applicazione. L’ultimo rapporto dell’Ipcc (Istituto intergovernativo per i cambiamenti climatici ) dice che nel secolo scorso la temperatura globale è aumentata di circa 0,5 gradi e l’aumento potrebbe posizionarsi tra i 2 e 5 gradi nei prossimi 35-40 anni. Un altro dato allarmante è l’aumento degli oceani che, a causa dello scioglimento dei ghiacciai, potrebbe alzarsi mediamente di 15-20 cm.. Cosa significa ciò ? Che i litorali di molte nazioni, Italia compresa, potrebbero scomparire e intere megalopoli essere sommerse. Ma anche l’acqua potabile potrebbe diventare un bene scarso e conteso e causare guerre e morte. Soprattutto in Africa morirebbero o si ammalerebbero milioni di persone a causa della sua scarsità o insalubrità. A Bruxelles il climatologo Martin Parry ha detto che “in futuro miliardi di persone potranno essere colpite da alluvioni , specie nei delta dei grandi fiumi e molte specie animali, forse un 30% di quelle esistenti, potrebbero scomparire”. Quali sono le cause dell’aumento delle temperature ? Nel secolo da poco concluso la concentrazione nell’atmosfera di anidride carbonica è aumentata del 32% e l’incremento continua. Com’è noto la crescita esponenziale dell’anidride carbonica nell’aria è in gran parte responsabile dell’aumento della temperatura media del pianeta, mentre i CFC (Clorofluorocarburi) continuano, nonostante i freni delle emissioni adottati da molti Paesi, ad allargare il buco nell’ozono dell’alta atmosfera che determina una diminuzione dello strato che ci protegge dalle radiazioni solari. Ma se, per ora, noi dobbiamo lamentare solo sconvolgimenti climatici che ci disturbano e turbano le nostre vacanze, ben altri problemi affliggono i Paesi del sud del mondo dove l’inquinamento è in aumento esponenziale, la desertificazione avanza e la carestia va a braccetto con l’aridità del clima. Al nord del mondo invece le grandi piogge concentrate e il clima equatoriale fanno avanzare la desertificazione che sta già interessando il Mediterraneo. Due facce della stessa medaglia che non sono in contraddizione tra loro perché sono due aspetti dello stesso problema. Si stima che senza interventi drastici di riduzione delle emissioni nei Paesi Ocse l’anidride carbonica crescerà da qui al 2020 del 30% rispetto al 1995. Molto più difficile sarà convincere i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni nocive, constatata la loro volontà di mantenere il trend di sviluppo attuale. La ricetta per porre rimedio a questo autogol è semplice ma di difficile attuazione: porre un freno al consumismo esasperato, stabilizzare le emissioni di anidride carbonica e dell’ozono da combustione, innanzitutto con la riduzione dei consumi energetici e l’aumento della capacità di assorbimento del carbonio delle foreste. Dunque risparmio energetico, ricorso massiccio alle energie alternative e riduzione del 20% dei gas serra entro il 2020. Per ottenere questo risultato- ha detto Paul Wolfowitz, presidente della Banca Mondiale – occorrerà che i Paesi ricchi accantonino in uno speciale Fondo notevoli risorse, almeno 200 miliardi di dollari, che serviranno a riconvertire le produzioni inquinanti e a produrre, anche nei Paesi emergenti, energie rinnovabili e alternative ai carburanti fossili. In effetti la riconversione verso le energie pulite potrebbe essere anche un affare per l’Occidente. Almeno 100 miliardi di dollari potrebbero ritornare sotto forma di utili per la produzione nei Paesi europei e nel Nord America di nuove tecnologie destinate alla riconversione. Se il riscaldamento del pianeta, legato all’aumento dell’”effetto serra” e all’inquinamento, dovuti in gran parte all’anidride carbonica, all’ossido di azoto, all’ozono troposferico, allo zolfo, alla deforestazione, agli incendi, alla combustione di carbone e derivati del petrolio, ai CFC, alle attività industriali e alla crescente urbanizzazione, continuerà al ritmo attuale nel 2050 la Terra sarà al collasso totale e per noi sopravvivere sarà difficile, se non impossibile.
Gianni Genghini (Assoc. Ambiente e Società, Circolo Embera Katio)