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Arpav: l’Atlante delle Sorgenti del Veneto

18/04/2007
Oltre 2300 sorgenti montane, pedemontane e collinari, 1200 sopralluoghi per un totale di circa centomila dati ed informazioni sullo stato delle risorse idriche del Veneto nell’ultimo triennio, è il risultato del censimento realizzato da Arpav, l’Agenzia Regionale per la Protezione e Prevenzione Ambientale, e che ha dato vita all’ ”Atlante delle Sorgenti del Veneto” . L’opera, che rientra nel progetto comunitario SAMPAS (Sistema Attrezzato di Monitoraggio per la Protezione delle Acque Sotterranee del Veneto) affidato dalla Regione all’Arpav, è costituita da un volume generale che inquadra le caratteristiche idrogeologiche del territorio e le metodologie di classificazione, cui è abbinato un Cd-Rom contenente le schede monografiche sulle sorgenti con l’obiettivo di fare da supporto al corretto utilizzo e all’adeguata protezione della preziosa risorsa idrica.

“Negli ultimi decenni molti studi scientifici hanno consentito di approfondire l’idrogeologia del territorio, soprattutto quella relativa alle aree di pianura, mancava però un censimento delle sorgenti montane realizzato in maniera omogenea sull’intera regione – ha spiegato Andrea Drago, direttore di Arpav, in occasione della presentazione dell’opera, tenutasi a Palazzo Balbi, sede della Giunta Regionale – L’Atlante costituisce pertanto un passo importante nell’ambito di un percorso intrapreso con l’Amministrazione Regionale, che mira a colmare la carenza di conoscenze sulle acque risorgive del Veneto, sia a livello di censimento che di caratterizzazione”.

Dal censimento emerge in generale un quadro positivo per lo stato delle acque risorgive nelle aree montane sia per quanto riguarda la qualità, visto che gli inquinanti sono rinvenuti assai di rado, sia dal punto di vista quantitativo, con i dati che non hanno registrato un’evidente diminuzione dei valori di portata. Completamente diversa invece, la situazione in pianura, dove sia i livelli di falda che la presenza di inquinanti di origine industriale e agro-zootecnica, destano qualche preoccupazione.

“I dati provenienti dalla rete di monitoraggio, composta da 264 pozzi per la verifica quantitative e da 268 per il prelievo qualitativo, registrano una generale tendenza dell’abbassamento freatico ed il conseguente depauperamento delle risorse idriche sotterranee, anche se il rilevante trend negativo che interessa le falde di alta pianura sembra sia in attenuazione negli ultimi cinque anni. Per quanto riguarda l’inquinamento, nelle aree designate vulnerabili da nitrati di origine agricola, i programmi d’azione dovranno portare alla diminuzione delle pressioni presenti contribuendo a migliorare lo stato degli acquiferi, in particolare nel territorio del bacino scolante della Laguna di Venezia”, ha concluso Drago.

L’assessore regionale all’Ambiente, Giancarlo Conta, nel corso della presentazione del censimento, ha ribadito l’attenzione che la Regione Veneto sta ponendo sulle questioni relative alla gestione della risorsa idrica, sia per far fronte al fenomeno della siccità che ai periodi di abbondanza delle acque, aspetti diversi ma entrambi conseguenti al cambiamento climatico. In particolare, ha fatto riferimento ai progetti, in corso di studio di fattibilità, che riguardano la creazione di bacini di accumulo utilizzando le aree dell’ex cave, in grado di raccogliere le acque piovane e di rilasciarle nei periodi di emergenza idrica ai tre principali fiumi veneti, l’Adige, il Piave ed il Po. Secondo una prima stima, la realizzazione dei tre bacini, ciascuno con la capacità di immagazzinare tra i 50 e i 60 milioni di metri cubi d’acqua, costerebbe parecchie decine di milioni di euro.



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