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Miele: in flessione l’import export 2006

23/04/2007
Calano le importazioni e le esportazioni ma aumentano – sia pure di poco – le quotazioni del prodotto acquistato e venduto dall’Italia. Si sposta in Europa il baricentro del mercato internazionale e la Cina non è più quel mostro di cui tanto si è parlato finora. In sofferenza anche il Sud America. E’ questa la fotografia rilevata dalla FAI – Federazione Apicoltori Italiani, che ha rielaborato in questi giorni i dati forniti dall’ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica, sul mercato del miele nel 2006.

E’ leggera ma costante la flessione del quantitativo di miele importato dall’Italia nell’anno 2006, pari a 13.854.909 kg a fronte dei 14.156.189 kg del 2005 (-2,1%); nel 2006 il nostro Paese ha speso globalmente 22.565.503 milioni di euro e ne ha incassati 9.476.452 (con una riduzione rispetto all’anno precedente). In rialzo (+10%) quindi, il prezzo medio di acquisto che rimonta nel 2006 a 1,63 euro/kg, a fronte dell’1,48 euro/kg del 2005. Un dato sul quale – secondo la FAI – Federazione Apicoltori Italiani - si basano le speranze dei tanti Apicoltori che hanno ancora i laboratori pieni e che possono ora negoziare al rialzo per il prodotto nazionale invenduto.

Il fenomeno più macroscopico, è quello che vede ridursi il complesso delle importazioni dal Sud America: l’Argentina (principale fornitore dell’Italia) cala a 7.793.074 kg in linea con quasi tutti gli altri Paesi del Mercosur eccetto il Brasile - che torna ad esportare 55.601 kg dopo i blocchi imposti dalla UE per le scarse condizioni igieniche rilevate nella produzione carioca – e il Cile, che raddoppia le forniture all’Italia, con i suoi 40.800 kg.

In ambito europeo emergono la Bulgaria - che ha quasi triplicato, nell’ultimo anno, il quantitativo di miele fornito al nostro Paese con 217.475 kg - e l’Ungheria che, con i suoi 4.123.120 di kg, si conferma il nostro principale fornitore comunitario. Tra i Paesi extra UE, si attestano a pari merito la Turchia, Antigua e la Cina con quantitativi che sfiorano di poco i 40.000 kg ciascuno.

L’export, anch’esso in debole flessione, si attesta sui 3.595.579 kg e sembra aver toccato un livello fisiologico la cui crescita ha bisogno di ulteriori sforzi, da coordinarsi a livello nazionale, per il consolidamento dei nostri tradizionali mercati e per l’apertura di nuovi. Il 90% dell’export italiano ha destinazione europea ma è quasi raddoppiato il miele esportato verso il Giappone con 57.044 kg, al prezzo medio di 4,95 euro/kg.

Particolarmente remunerativo, con i suoi 2,63 euro/kg, il prezzo medio del miele made in Italy, venduto nel mondo. Dati, quelli dell’export, che secondo la FAI – Federazione Apicoltori Italiani tracciano un possibile percorso per la conquista di nuove opportunità in tutto l’Oriente e nei Paesi Arabi, oltre ai tradizionali e nuovi sbocchi europei oggi sempre più a portata di mano.

Un’ultima notazione della FAI che sottolinea come le quotazioni del miele, nei mercati internazionali, aggancino e influenzino le transazioni all’ingrosso del prodotto italiano. I principali confezionatori, pertanto, acquistano il miele di produzione nazionale facendo riferimento e leva sulle quotazioni del prezzo internazionale. Non è da attribuirsi, pertanto, agli Apicoltori italiani l’aumento dei prezzi del miele al consumo. Altri sono i soggetti che traggono profitto, nelle varie fasi del sistema distributivo, su questa particolare e ormai non remunerativa derrata alimentare. Una politica che scoraggia la distinguibilità e l’affermazione della qualità del prodotto nazionale.



Fonte: Elaborazione FAI su dati ISTAT

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