“Un governo europeo per l’economia e l’innovazione”
Il richiamo al discorso del presidente del Consiglio Romano Prodi al Parlamento europeo, in cui è stata indicata molto chiaramente la via per uscire dall’attuale impasse, ha permesso al prof. Dario Velo, dell’Università di Pavia, di entrare senza giri di parole al cuore della questione: dopo l’esito infausto del progetto giscardiano, frutto di una “errata strategia al ribasso”, occorre perseguire una “cooperazione rafforzata”. Non si tratta di un’Europe à la carte, o a geometrie variabili, ma della “formazione di un nucleo stabile di Paesi, che faccia da locomotiva per tutti gli altri”: l’euro è il migliore esempio del concetto di cooperazione rafforzata, e dai Paesi dell’Euro-zone si può partire verso l’istituzione di un vero governo europeo.
Un percorso istituzionale, quello suggerito da Velo, che però potrebbe partire da campi differenti, ad es. la ricerca. La ricerca applicata, ha sostenuto il prof. Franco Mosconi dell’Università di Parma, dovrebbe essere trasferita a livello sovranazionale: “Il ‘progetto Airbus’ è un modello di successo che potrebbe essere replicato”. Le politiche dei singoli Paesi impediscono invece il raggiungimento della massa critica indispensabile per conseguire validi risultati: “Occorre l’istituzionalizzazione di una nuova politica industriale europea”.
Il Progetto Airbus o il Progetto Galileo o altri ancora non sono però da confondere con le vecchie politiche pubbliche: sono “progetti federalisti”. Come si pone il mondo imprenditoriale di fronte a queste proposte, e agli stop and go della politica europea? Alla tavola rotonda partecipava Ugo Andrea Poletti di Assolombarda, che ha tenuto a precisare come anche gli imprenditori stiano diventando più sensibili alle questioni dell’integrazione europea. È vero però, ha ricordato Poletti, che “fuori dalle istituzioni si fatica non poco a comprendere il raddoppiamento Consiglio-Commissione, o quello della presidenza di turno a rotazione e la presidenza della Commissione”. Oggi la nuova generazione è già formata in senso europeista, grazie al Progetto Erasmus, ma la politica sconta un deficit di comunicazione: “A chi non ha fatto l’esperienza della guerra non basta la motivazione pacifista per dare un senso all’Unione europea”. La politica deve invece rispondere chiaramente alla domanda: “Che scopo ha l’Ue?”
Manca una mission secondo Massimo Marchesi della Rappresentanza a Milano della Commissione europea. Dai centri di formazione scolastica su fino ai livelli alti della politica vige una scarsa conoscenza delle istituzioni europee. Manca alla politica europea “la capacità di vendere le proprie azioni”.
Che fare, dunque? Secondo Antonio Longo, della Direzione del Movimento Federalista Europeo, occorre procedere a un referendum europeo su un progetto di costituzione che “dia regole vincolanti al corpo politico”. Solo così sarà possibile avere una Commissione e un Parlamento più forti, con la formazione di leadership a livello europeo, “sostenute dai cittadini e non dai governi nazionali”.
L’incontro, cui partecipava anche Domenico Moro del Circolo “Altiero Spinelli”, si è tenuto presso la Sala Verdi del Palazzo delle Stelline ed è stato moderato da Roberto Santaniello, direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione europea. In avvio di dibattito, il direttore ha voluto ricordare la figura di Altiero Spinelli, di cui quest’anno cade il centenario della nascita, indicando i tre temi principali della sua azione politica: l’assetto istituzionale europeo, le risorse per finanziare le politiche e l’attività di ricerca e innovazione.
Enrico Esposto
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