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"Gli studi di settore mandano sul lastrico le Pmi"

31/05/2007
"Gli studi di settore applicati dal Ministero delle Finanze stanno rovinando le PMI. I nuovi indici di coerenza nel determinare il reddito d'impresa, introdotti lo scorso marzo, sono stati stabiliti unilateralmente dal Governo senza avere il termometro dei settori e delle singole realtà e senza mantenere fede al Protocollo firmato a dicembre 2006. E non rispettano i principi di equità, selettività e trasparenza, essendo a tutti gli effetti moltiplicatori indiscriminati di reddito. Con questi parametri assolutamente starati, si decreterà la morte delle piccole-medie imprese". Non usa mezzi termini il presidente della Confartigianato provinciale di Venezia Giuseppe Molin per esprimere il forte disagio che attanaglia anche il mondo dell'artigianato veneziano in seguito agli studi di settore aggiornati dal Governo.

Al punto da minacciare azioni clamorose di protesta. "Se il Governo non accetta di confrontarsi con il mondo del lavoro e riprendere il rapporto costruttivo instaurato negli ultimi anni, si rischia che il contenzioso delle imprese con il Fisco paralizzi gli uffici. A quel punto si rischia di arrivare alla rivolta fiscale, come gesto estremo per dare una scossa alla situazione".

I dati parlano chiaro: fino ad oggi, solo il 10% delle PMI in Veneto non riusciva a rientrare nei parametri stabiliti dagli studi di settore. Adesso sono quasi il 60% le aziende medio-piccole a trovarsi ad arrancare per calibri definiti fuori logica. Il che vuol dire una pretesa teorica di innalzamento medio dei redditi di impresa anche di 30-40mila euro. Ma se il calibro può calzare per una azienda capace di grandi volumi produttivi, per una piccola impresa vuol dire andare al collasso. Questo perché gli studi di settore si basano su una realtà virtuale e statistica che non tiene conto delle singole realtà e non si basa sul confronto con le associazioni di categoria (ad esempio uno studio fotografico sito nel centro di una grande città avrà incassi di molto superiori rispetto a una bottega di un piccolo paese di provincia, ma le tasse da pagare risultano le stesse). "E c'è di più - prosegue Molin -: questo aumento pesante della pressione fiscale è pure retroattivo. Vale a dire che le aziende che hanno chiuso il 2006 ritenendo di essere in regola con il Fisco, a causa dei nuovi indicatori si ritrovano adesso a non essere congrue per cifre altissime. Con questa manovra il Governo non solo aumenta in modo indiscriminato la pressione fiscale, ma anche non va a colpire l'effettiva evasione, come invece dovrebbe essere".

Uno scenario che il presidente Molin aveva già preannunciato al premier Romano Prodi a novembre 2006, in occasione di un incontro a Brescia, e che rischia di gettare sul lastrico l'artigianato veneto. "Nella nostra regione, e soprattutto in provincia di Venezia, l'artigianato è sinonimo di qualità della vita. Un panorama fatto di realtà medio-piccole che però fanno dell'alta specializzazione produttiva e dell'originalità il loro marchio distintivo. E mai come nell'attuale congiuntura, l'artigianato è per il Veneto ago della bilancia e motore insostituibile della ripresa economica. Se il Governo non interverrà quanto prima nella riconsiderazione di tutta l'operazione, la ripresa economica verrà affossata in modo pesante e verrà invece incentivato il sommerso che dovrebbe essere sradicato".

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