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Da Milano a Capua. Diario di Ismaele Boga, garibaldino

13/06/2007
Mercoledì 4 luglio 2007, alle ore 18.15, presso i Musei Civici, piazza Eremitani 8, Sala del Romanino a Padova, sarà presentato il volume: Da Milano a Capua. Diario di Ismaele Boga, garibaldino (1860-1861), a cura di Eva Cecchinato, prefazione di Mario Isnenghi, Padova, Nova Charta, 2006 (Collana Cimelia, Sezione Memorie). Interventi di: Prof. Mario Isnenghi, dott. Davide Banzato (Direttore Musei Civici di Padova), dott. Alessandro Scarsella e dott.ssa Eva Cecchinato. Questo diario finora inedito racconta gli otto mesi che cambiano la storia d’Italia e determinano, quasi inavvertitamente, l’unificazione politica della penisola. Ismaele Boga (1839-1877) fa parte della spedizione Medici, che segue quella dei Mille e raggiunge le prime camicie rosse in Sicilia nel giugno del 1860. Seguendo il percorso di Garibaldi dall’isola alla Campania, le annotazioni si concludono nel gennaio del 1861, ormai alla vigilia della proclamazione ufficiale del Regno d’Italia e quando l’esercito garibaldino è già in sostanza smobilitato.

Non memorialistica, dunque, ma diario vero ed efficace nella restituzione istantanea non solo delle esperienze personali, bensì anche del punto di vista del ventunenne volontario lombardo, protagonista prudente e attento narratore dei fatti. Dalla scoperta del Sud, nel calore delle sue donne e nella violenza del suo paesaggio culturale ancora intatto, alle figure di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II, colte tra presa diretta e immaginario sociale, alla rappresentazione ambigua dei combattenti di parte borbonica, il manoscritto è vivacizzato da schizzi e disegni, riprodotti integralmente in questa prima edizione del quaderno autografo composto di 134 carte n.n. (150 x 230 mm), di cui 9 bianche e 10 illustrate con disegni analogamente a matita o a inchiostro: Diario di Ismaele Boga di Milano, Volontario nella Brigata Medici 8a Compagnia Milano. 1860-61. Fonte preziosa per una rilettura dei caratteri del volontariato garibaldino e delle motivazioni talora eccentriche di coloro che fecero l’Italia, il diario è arricchito dall’ampio apparato critico di Eva Cecchinato e dalla riflessione preliminare di Mario Isnenghi.

L’impresa di Sicilia è tutto questo: una straordinaria congiuntura di eventi materiali e simbolici; una tumultuosa concentrazione di gesti,incontri, percezioni, che innesca un bisogno di scrittura così diffuso e generalizzato da dar luogo a una ‘letteratura garibaldina’ riconosciuta dai critici come tale, che è però solo la parte emersa di un'affabulazione diffusa: sotto il primo strato degli Abba, Alberto Mario, Bandi, Costa, Barrili – e, primo fra tutti, Garibaldi - c’è un secondo strato di diaristi e memorialisti che in qualche punto del mezzo secolo seguito ai fatti è pervenuto alla stampa in modeste tipografie di provincia e ora giace semisepolto in poche copie disperse; mentre un terzo e non numerabile strato di manoscritti, rimasti inediti dopo avere svolto le proprie funzioni descrittive e compensatorie, riemerge a tutt’oggi dai cassetti di più o meno lontani e dimentichi eredi . È il caso fortunato di questo diario inedito di Ismaele Boga. Boga – ventun anni nel 1860 e già volontario nella guerra del ’59 - fa parte della seconda ondata di 2500 volontari, comandati da Medici: con le successive spedizioni, e con i locali tirati dentro sul posto, l’esercito meridionale arriverà fra maggio e autunno a superare i 40.000 uomini. (Mario Isnenghi) Il diario del 1860-61 che Ismaele Boga ci ha lasciato – con quel poco che lo anticipa nel 1859 – copre un breve arco cronologico fondamentale per la storia d’Italia: sullo sfondo sta la nascita di un nuovo Stato, e il venir meno di alcune realtà istituzionali preunitarie. Prima fra tutte il Regno borbonico, al cui crollo il garibaldino allo stesso tempo contribuisce ed assiste, con lo sguardo di chi crede che le cose, in fondo, non avrebbero potuto concludersi diversamente. Uomini, talvolta ragazzi, disposti come lui a rischiare la vita, o comunque a mettere in discussione gli equilibri consolidati del proprio percorso esistenziale, dovevano necessariamente nutrire questa scelta di motivazioni forti, di idealità politiche che potevano avvicinarsi molto alla fede. La convinzione che la corrispondenza tra appartenenza nazionale – intesa in senso essenzialmente culturale – e organizzazione statale fosse la premessa necessaria di una piena cittadinanza politica per milioni di italiani, è elemento centrale del patrimonio ideale a cui il garibaldinismo faceva riferimento. (Eva Cecchinato).



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