Movimprese su nati-mortalita’ artigianato: calo in Veneto
A tale contrazione sottostanno due importanti fattori che non mitigano ma “giustificano in parte il fenomeno:
a) Il primo di natura tecnica (nel I trimestre di ogni anno si registra la maggior parte delle chiusure effettuata intorno alla fine del precedente anno);
b) Il secondo di natura economica: la regione del Veneto non a caso assieme a quella Toscana (-1,44%) è fortemente esposta nei settori della moda (tessile, abbigliamento, calzature, ma anche occhiali, oro, ceramica). Tutti settori pesantemente coinvolti nei processi di delocalizzazione da un lato ed aggressione da parte dei manufatti cinesi dall’altro. Entrambe fenomeni che penalizzano in particolare le piccole e micro imprese.
¨ E’ da rilevare, altresì, che la flessione registrata nel I trimestre del corrente anno è sostanzialmente in linea con quanto verificatasi nel I° trimestre degli ultimi anni (-1,08 nel 2005, 1,23% nel 2004, -1% nel 2003, -1,11 nel 2002 e ben –1,54 nel 2001);
¨ Si conferma anche in questo trimestre la forte dinamica delle imprese artigiane costituite in forma di Società di capitale unica forma giuridica in saldo attivo
“I dati di Unioncamere sulla nati-mortalità delle imprese artigiane nel I trimestre 2006 confermano i segnali d’allarme sullo stato di ‘sofferenza’ delle piccole imprese già recentemente rilevati con i calo dell’occupazione (-2,3%) rilevato nel corso del 2005 dall’Indagine congiunturale della Confartigianato del Veneto – Bs consulting”.
Il Presidente della Confartigianato del Veneto Vendemiano Sartor commenta così il saldo negativo di quasi 2.000 imprese artigiane, rilevato da Unioncamere-Movimprese da gennaio a marzo 2006, calo che si è registrato comunque in modo quasi uniforme in tutta Italia con l’esclusione di Basilicata e Sardegna.
“Le cifre sulle cessazioni, anche se in parte ‘fisiologiche’ nel primo trimestre dell’anno come dimostra la ricorrenza negli anni di una riduzione costante di circa un punto percentuale –fa notare il Presidente Sartor– sono comunque un ulteriore campanello d’allarme. Alcuni settori, del comparto moda soprattutto, fortemente presenti nella nostra Regione, dal tessile (-2,6%), abbagliamento (-3,2%) alle calzature (-1,2%) , dagli occhiali (-1,0%) all’oreficeria (-1,0%), continuano ad essere penalizzati da una fase congiunturale negativa proprio mentre devono affrontare, senza alcun sostegno, processi di riconversione e di riqualificazione produttiva. E questo pesa a tal punto che nella graduatoria provinciale per tassi di crescita, ben quattro province venete, nell’ordine Verona, Venezia, Rovigo e Belluno occupano uno degli ultimi sette posti con Rovigo (-2,25%) e Belluno (-2,68%) al penultimo ed ultimo posto. Si salva, per modo di dire solo Vicenza con tasso di crescita pari a zero. A questo proposito, il Parlamento ha recentemente perso l’importante occasione di varare il ‘marchio Doc 100% Italia che avrebbe rappresentato un’arma in più per identificare e tutelare i prodotti italiani”.
“La piccola impresa e il lavoro autonomo – aggiunge - hanno le potenzialità per contribuire ad avviare una nuova fase di crescita del Paese, è significativa ad esempio la crescita del numero di società di capitale che testimonia l’impegno per il rafforzamento della struttura societaria delle aziende artigiane”.
Secondo il Presidente Sartor “occorre, quindi, una nuova politica di sviluppo con interventi che sostengano e qualifichino concretamente le piccole imprese. Non è possibile ad esempio che in soli 2 anni i costi per l’energia siano cresciuti del + 35,3% senza che si sia intervenuti per una maggiore concorrenza che avrebbe potuto “liberare” solo per le aziende manifatturiere e dell’edilizia nel 2005 3,7 miliardi di euro. Dai risultati di un’analisi condotta dalla Confartigianato nazionale infatti, il divario di costi per l’approvvigionamento di energia tra imprese italiane ed europee è pari complessivamente a 3.748 milioni di euro e nella speciale classifica delle regioni dove gli imprenditori subiscono le differenze di costo più ampie rispetto all’Europa, il Veneto è risultato secondo dopo la Lombardia con 416 milioni di euro “sprecati”. Una zavorra da cui dobbiamo liberarci il più presto possibile”.
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