Agroalimentare veneto: spiragli di luce
Sono state poi le relazioni di Andrea Povellato dell’INEA che ha collaborato con Veneto Agricoltura per la stesura del Rapporto, e Antonio De Zanche, ricercatore dell’Azienda regionale, a mettere in evidenza le luci e le ombre che si susseguono scorrendo le 110 pagine di dati e tabelle presentati oggi.
Vediamo: note positive giungono dagli scambi commerciali che hanno visto un significativo aumento delle esportazioni (+9,8%) a fronte di una sostanziale stabilità delle importazioni (+0,6%). Tuttavia, per il secondo anno consecutivo l’andamento climatico è risultato sfavorevole per alcune importanti colture determinando una flessione produttiva del 4,5%, solo parzialmente compensata dall’aumento dei prezzi pari al 2,7%. La produzione lorda dell’agricoltura veneta si è quindi attestata sui 4.300 milioni di euro, con un calo del 1,9% rispetto all’anno precedente. Continua a diminuire il numero di imprese agricole venete iscritte alle Camere di Commercio, (-3% rispetto il 2005, pari a 88.630), mentre appare in crescita l’occupazione agricola con un incremento di circa 2.700 unità (+3,6%). Per quanto riguarda le maggiori colture regionali, il mais, registra un aumento della superficie coltivata del 1% rispetto il 2005, raggiungendo i 310.000 ettari con una produzione in calo del 19% a causa delle negativa meteorologia.
Il frumento tenero ha raggiunto i 62.500 ettari (+8%) con la produzione (430.000 ton.) aumentata del 13%. Per quanto riguarda la barbabietola da zucchero, ormai ex storica coltura veneta dopo le riduzioni volute dall’UE, la produzione si è ridotta drasticamente (-67%) a seguito della nuova Organizzazione Comune di Mercato.
Produzioni orticole: la superficie regionale ha registrato una flessione del 5% rispetto al 2005 scendendo a circa 35.900 ettari. La riduzione riguarda sia le coltivazioni in piena aria (-5%) che in serra (-3%). Invariata invece, la superficie coltivata a melo che si attesta sui 7.000 ettari dopo un decennio in cui è avvenuta una diminuzione di superficie di 2.100 ettari.
Da considerarsi positiva la vendemmia 2006, con un aumento produttivo che sfiora il 5%. La resa media di 13,7 t/ha (+12%) ha consentito di produrre 980.000 tonnellate di uva da cui sono stati ottenuti 7,1 milioni di ettolitri di vino. Il vino veneto si presenta in gran parte come un prodotto di qualità, dato che per il 32% è marchiato DOC-DOCG e per il 60% IGT. La produzione di latte è stata pari a circa 10 milioni di tonnellate, per un valore ai prezzi di mercato stimato in circa € 359 milioni, leggermente inferiore rispetto al 2005 a causa della diminuzione dei prezzi alla stalla e della quantità prodotta (-2,6%). La maggior parte del latte prodotto in Veneto è destinato alla trasformazione casearia (oltre il 75%), con una netta prevalenza per i formaggi tutelati (circa il 40%). Tra questi il Grana Padano con una produzione pari a circa 4,35 milioni di forme (-1,3%) rimane il più importante.
Zootecnia: la produzione veneta di bovini da carne nel 2006 è stimata in poco più di 209.000 tonnellate, sostanzialmente uguale a quella del 2005. Il fatturato del comparto è però aumentato a causa dell’incremento dei prezzi pari a un + 4/8% a seconda della tipologia. La quantità di carne suina commercializzata in Veneto nel 2006 è stata pari a 125.000 (-0,4%) tonnellate, consentendo al comparto suinicolo regionale di fatturare circa 156 milioni di euro. Il comparto avicolo è riuscito in parte a recuperare le disastrose due ultime annate penalizzate dagli effetti dell’influenza aviaria. La produzione è scesa del 11% rispetto al 2005, fermandosi a 350.000 tonnellate, ma nella seconda parte dell’anno i prezzi sono saliti (+12% per i polli da carne) consentendo di fatturare complessivamente 430 milioni di euro.
A concludere l’incontro è stato il professor Marco Zuppiroli dell’Università di Parma con l’intento di far comprendere gli scenari possibili per ridurre il rischio di gestione di un’impresa agricola. Ogni azienda, è questa la novità, ha la possibilità di “difendersi” non solo diversificando la produzione ma assicurandosi attraverso sistemi innovativi come il “Contratto Future” che consente all’imprenditore la certezza di remunerare l’investimento già al momento della semina, senza attendere l’andamento del mercato.
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