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Castagneti in pericolo per la vespa galligena

11/07/2007
La memoria visiva di un giovane che ha partecipato ad un corso di aggiornamento sulle malattie e gli insetti che colpiscono il castagno gli ha fatto ricordare i sintomi provocati su foglie e germogli dalla vespa galligena. Credendo di averli rinvenuti su piante che aveva avuto occasione di esaminare, li ha segnalati ai dirigenti della Cooperativa castanicoltori del Trentino Alto-Adige e agli esperti di entomologia forestale dell’ Istituto agrario di s. Michele. Questi sono intervenuti sollecitamente ed hanno trovato due focolai di giovani piante di castagno euro-giapponese colpite dall’insetto in altrettante località dell’Alta Valsugana: Seregnano (Comune di Civezzano) e Canzolino (Comune di Pergine Valsugana).

Gli entomologi hanno prelevato galle e altro materiale vegetale per un esame più accurato di laboratorio e le piante sono state distrutte col fuoco per disposizione dell’ Ufficio fitosanitario della Provincia di Trento.

Si trattava in entrambi i casi di piante di ibridi euro-giapponesi acquistate dallo stesso rivenditore, senza alcuna garanzia fitosanitaria (passaporto verde) ed offerte a prezzo fortemente ribassato.

Da Cristina Salvadori che insieme a Giorgio Maresi ha esaminato allo stereo microscopio le galle raccolte dalle piante infette apprendiamo che nessuna presentava fori di uscita lasciati da femmine adulte rimaste invece all’interno insieme ad altre forme preimmaginali (pupe) che precedono lo stadio di adulto.

Questo significa e fa supporre, dice l’entomologa, che le piccole vespe (sono lunghe 2-2,5 mm., hanno corpo di colore nero con zampe giallo-brunastre) non siano riuscite a deporre le uova non fecondate (partenogenesi) su altre piante sane, diffondendo l’infestazione.

All’indomani dal rinvenimento dei due focolai (in tutto meno di 10 piante) dall’ ufficio fitosanitario provinciale (dir. Lorenza Tessari) sono partite oltre 100 lettere indirizzate ai soci della Cooperativa castanicoltori del Trentino Alto-Adige nella quale si raccomanda di controllare lo stato di salute delle piante giovani di proprietà e di segnalare immediatamente all’ufficio (tel. 0461-495763) l’eventuale presenza di piante colpite dall’insetto od anche solamente sospette. Analoga lettera è stata recapitata ai comuni castanicoli del Trentino.

Le galle hanno dimensioni che variano da 0,5 a 3-4 cm. di diametro, sono tondeggianti e di colore verde, talvolta con sfumature rossastre e nel corso l’estate si seccano e possono restare sui rami per più anni. Finora abbiamo parlato di galle su piante di castagno giovani la cui formazione e presenza causa l’arresto e lo sviluppo vegetativo dei getti colpiti.

Dalla letteratura scientifica si apprende però che forti infestazioni si possono avere anche su piante adulte e in produzione di castagno europeo (selvatico o innestato), come pure su altre specie (Castanea crenata, C. mollissima, C. dentata) e gli ibridi da esse ottenuti. Si può arrivare alla completa defogliazione e alla morte della pianta; sicuramente si ha un calo di produzione.

Per questo, dice Lorenza Tessari, è importante impedire che la vespa galligena arrivi nei castagneti produttivi o su piante adulte inserite nel bosco. Se sulle piante giovani è possibile controllare l’infestazione eliminando le galle e bruciandole prima della metà di maggio per impedire la fuoriuscita delle femmine o tagliando i getti colpiti prima dello sfarfallamento degli adulti, il problema diventa impossibile su piante adulte.

Va detto, per capire il motivo di questi interventi (il controllo chimico è impensabile e quello biologico affidato a insetti parassitoidi è di là da venire), che l’insetto sverna all’ interno delle gemme sotto forma di larva che cresce assai lentamente, diventando adulto nei mesi di giugno e luglio.

Abbiamo lasciato per ultimo il profilo identitario della vespa galligena. Nome latino: Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu. Ordine: Imenotteri, famiglia Cinipidi. Originario del nord della Cina, si è diffuso negli anni ’60 in Giappone e Corea dove ha causato danni gravissimi. E’ stato rivenuto per la prima volta in Italia (Piemonte) nel 2002 e si è poi diffuso nel Lazio, in Lombardia e ultimamente nel Veneto, tramite piante da vivaio infestate che nel primo anno non rivelano la presenza di uova e larve all’interno delle gemme e quindi passano inosservate.



SERGIO FERRARI e GIUSEPPE MICHELON

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