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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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Responsabilita' nello sport: come tutelarsi?

08/05/2006
Quali rischi corre chi pratica un'attività sportiva, o comunque gravita attorno al mondo dello sport? A quali responsabilità può andare incontro? Sono stati i punti focali del convegno dal titolo "Responsabilità di dirigenti e tecnici nell'ambito dell'attività sportiva: come tutelarci", promosso dal Coni Provinciale di Venezia e dal Panathlon Club di Mestre. "E' difficile dare una risposta univoca ad una realtà tanto variegata quanto quella dello sport, perché è evidente che il rischio, in certi sport definiti "di contatto", come la boxe, è assai differente da quello per la pesca sportiva" ha detto Giuseppe Sacco, avvocato nonché Vice Presidente Vicario della Federazione Italiana Cronometristi.

Oltre al tipo di rischio, altro problema è quando questo si può verificare: incidenti ed infortuni, infatti, possono capitare non solo durante una gara, ma anche, ad esempio, durante il tragitto per raggiungere lo stadio piuttosto che il palazzetto sportivo. Che può essere compiuto tanto a piedi quanto con mezzi motorizzati. E la cosa si complica ulteriormente.

Questo non significa che non ci sia soluzione, anzi: da tempo l'argomento è stato affrontato con una soluzione che si è rivelata valida a lungo, perché prevedeva un sistema di norme pressoché completo: la Sportass, cioè la Cassa di Previdenza per l'Assicurazione degli Sportivi. Nata nel 1934 e riformata nel 1948, è andata però poi sgretolandosi negli ultimi anni. Il motivo è semplice. "La Cassa non aveva fini di lucro. Ve l'immaginate un sistema del genere nel 2006?" ha affermato Sacco. Inoltre Sportass, a lungo andare, non poteva andare incontro a tutte le esigenze del mondo dello sport: alcune discipline, ad esempio la caccia, hanno avuto la necessità di dotarsi di assicurazioni comprensive anche di fondo di garanzia. Altra disciplina successivamente affrancatasi da Sportass, è il calcio. Questo perché i calciatori ora sono ricompresi nell'Enpas, l'assicurazione per i lavoratori dello spettacolo, di tipo previdenziale.

In ogni caso, è evidente che, allo stato attuale, l'unica forma di tutela è data dal sistema assicurativo. Ma le difficoltà permangono, eccome: basti pensare che, solo per stipulare una polizza con una società sportiva, qualsiasi assicuratore porrebbe una lunga e minuziosa lista di domande. Ad esempio: "Quanti siete? Come vi muovete e quante volte in un anno? Come operate?" Non solo. "Per una società assicurativa, è poco gradito stipulare la copertura degli infortuni, perché nelle società sportive questo rischio è molto alto" ha detto Andrea Pulidori, dirigente assicurativo nonché Direttore Sportivo della Reyer.

Questo nonostante il mondo sportivo sia, tutto sommato un mondo sano, in base a quanto emerso durante il dibattito: se è vero che il rischio di infortuni è alto, è altrettanto vero che, in base alle statistiche, gli infortuni che causano invalidità temporanea, cioè guaribile, sono la stragrande maggioranza: più del 97%.

Però ci sono altri problemi non di poco conto. L'avvocato Sacco ha fatto l'esempio di quando, durante un processo per stabilire le responsabilità, i giudici valutino le situazioni in base a componenti come "prudenza" e "vigilanza", concetti che non sono così facili da definire.

Secondo i tanti personaggi dello sport che sono intervenuti al dibattito, c'è un modo per cercare, se non di risolvere la situazione, quantomeno di migliorarla. Si tratta di una rivoluzione culturale che deve avvenire nel mondo dello sport, a partire dal singolo operatore, atleta, dirigente, arbitro o massaggiatore che sia. Spesso, infatti, fino a che non capita l'incidente o l'infortunio, non si capisce che è necessario tutelarsi. Invece è proprio la tutela preventiva la chiave di volta per il futuro.



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