Venezia: 64a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Dopo aver presentato a Venezia numerose opere tra cui Golem – The Spirit of Exile (1992), Yom Yom (1998), Eden (2001), l’episodio Israele del film corale 11 settembre 2001 (11'09''01 - September 11) (2002), Terra promessa (Promised Land, 2004), Amos Gitai torna alla Mostra con Disengagement. Il film, che sarà presentato nella sezione Fuori Concorso - Venezia Maestri, è la prima collaborazione tra il regista Amos Gitai e l’attrice francese Juliette Binoche (Coppa Volpi a Venezia nel 1983 per Trois couleurs: Bleu di Krzysztof Kieślowski). Nel film recitano anche attori come Jeanne Moreau (Leone d’Oro alla Carriera nel 1992) e Hanns Zilschler, oltre che l’attore israeliano Liron Levo e l’attrice palestinese Hiam Abbas, che hanno entrambi lavorato con il regista in passato. La pellicola -una coproduzione tra Israele, Francia, Italia e Germania - racconta la storia di Ana (Juliette Binoche), una donna francese di origini israeliane che, dopo la morte del padre, incontra il fratellastro israeliano Uli e decide di tornare in Israele per cercare la figlia abbandonata 20 anni prima. Attraversando le frontiere per terra e per mare, Ana e Uli finiscono nel fermento dello sgombero militare dei coloni israeliani da Gaza del 2005.
Nell’anno del trentesimo anniversario dalla morte di Maria Callas, la 64. Mostra propone inoltre, nella sezione Orizzonti Eventi, il documentario Callas assoluta, una coproduzione Francia-Grecia, del regista francese Philippe Kohly. Il film trasporta lo spettatore attraverso 4 diversi momenti della vita della grande cantante lirica: la New York degli anni ‘30, Atene durante il periodo dell’occupazione, l’Italia musicale degli anni ‘50 e la Parigi anni ‘70. A dominare la narrazione è l’analisi della creazione del mito della Callas, voce sublime e ultima incarnazione dell’eroina romantica. Il film costruisce, passo dopo passo, il suo dramma. Si vuole costruire un ritratto fedele di questa prodigiosa diva, facendo rivivere allo spettatore il suo percorso interiore. Non si tratta di un montaggio d’archivio, ma la messa in scena di una storia, un portrait-roman. Callas assoluta costituisce, insieme agli altri due film presentati nella sezione Orizzonti Eventi (Dall’altra parte della luna di Davide Marengo e Dario Baldi e Empire II di Amos Poe), un trittico ideale dove musica e cinema trovano il loro punto di congiunzione. Il mondo della musica sarà inoltre protagonista di altre pellicole della 64. Mostra, tra cui I’m not There di Todd Haynes, Die Stille vor Bach (The Silence Before Bach) di Pere Portabella e Lou Reed’s BERLIN di Julian Schnabel.
In omaggio al Maestro Michelangelo Antonioni, il regista italiano più premiato a Venezia (Leone d’Argento nel 1955 con Le amiche, Leone d’Oro nel 1964 con Deserto Rosso, Leone d’Oro alla carriera nel 1983), la 64. Mostra presenta, nella sezione Fuori Concorso Eventi, tre suoi cortometraggi-documentari: N.U. (Nettezza Urbana) (1948), vincitore del Nastro d’Argento 1948 come Miglior documentario, uno spaccato della vita quotidiana degli spazzini romani in una giornata qualunque, un cortometraggio in cui nasce il valore semantico del cinema di Antonioni, un’introduzione precisa a ciò che il regista intende per paesaggio, per ambiente e per atmosfera; Vertigine (1950), frammento de La funivia del Faloria - contenuto in “Documento mensile” (una sorta di “magazine” visivo fondato e diretto tra gli altri da Marco Ferreri e Riccardo Ghione nel 1951) - un breve documentario “turistico” che intende illustrare il percorso della funivia dalla vallata alle cime del monte Faloria, un meraviglioso esercizio di grammatica cinematografica con cui Antonioni riesce con il proprio “occhio” ad annullare la retorica del commento parlato; Lo sguardo di Michelangelo (2004), toccante e profonda auto-rappresentazione di Antonioni davanti alla tomba di Giulio II scolpita da Michelangelo nella chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma, un gioco di sguardi, fatto di luci e ombre, di echi e risonanze, per cogliere la cifra stilistica del grande maestro ferrarese.
Per ricordare il grande Alberto Grifi, indimenticabile filmaker sperimentale italiano scomparso quest’anno il 22 aprile, la 64. Mostra presenta, nella sezione Fuori Concorso Eventi, la sua opera ultima: Autoritratto Auschwitz/L'occhio è per così dire l'evoluzione biologica di una lagrima (1965-68/2007). Scarti di moviola di Deserto rosso in cui Monica Vitti cerca di piangere, Antonioni e Grifi che si incontrano in un giardino molti anni dopo, un film girato nel campo di concentramento di Auschwitz con la testimonianza di un deportato sopravvissuto, la Palestina di oggi, il carcere nelle parole dello stesso Grifi lette da Alessandra Vanzi e una denuncia anonima del 1969 sulle violenze carcerarie. Questi gli elementi che tratteggiano l'ultima operazione cinematografica di Alberto Grifi.
Alla 64. Mostra sarà inoltre presentato, nella sezione Orizzonti Eventi, Carlo Goldoni Venezian di Leonardo Autera e Alberto Caldana, dove la voce fuori campo di Cesco Baseggio legge, tradotti in veneziano, brani tratti dai Memoires di Carlo Goldoni, mentre sullo schermo scorrono immagini della Venezia popolare degli anni ‘50: dalla casa natale del commediografo si passa a quei luoghi e a quelle situazioni da cui, oltre due secoli prima, Goldoni trasse spunto per realizzare la sua "riforma" del teatro. Il documentario si chiude con il commiato del commediografo veneziano che, in partenza per Parigi, saluta la sua città e i suoi amici con la speranza di poterli rivedere ancora. Nell'ambito di un progetto sperimentale che il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale ha avviato insieme alla Regione del Veneto, finalizzato alla preservazione e alla presentazione al pubblico di cortometraggi d'autore su Venezia e il Veneto, questo restauro è stato interamente realizzato con tecnologia digitale HD, partendo dai negativi originali scena e colonna, conservati nell'archivio della Cineteca Nazionale. Tutte le lavorazioni sono state effettuate presso il laboratori Technicolor di Roma.
Note biografiche:
Amos Gitai, registra tra i più prolifici , polemici e premiati del cinema israeliano, è nato nel 1950 ad Haifa, Israele. Tra il 1971 ed il 1975 studia architettura. Durante la guerra del Kippur entra a far parte di un corpo di soccorso aereo e durante alcune riprese il suo elicottero viene abbattuto. Dopo la guerra prosegue gli studi a Berkeley e continua a girare film e documentari che trattano dell’esilio, dell’emigrazione e della situazione politica israeliana. Dal 1977 gira documentari per la televisione israeliana; Political Myths e House vengono censurati dalle autorità e Field Diary, girato durante la guerra del Libano, scatena molte polemiche. Amos Gitai lascia allora Israele e si trasferisce a Parigi, dove continua la sua ricerca sui temi dell’esilio e dell’emigrazione, realizzando film come Esther (1985), Berlin Jerusalem (1989), presentato a Venezia, Golem – The Spirit of Exile (1992). Dopo il suo ritorno in Israele, avvenuto nel 1993, Gitai ha girato una decina di film, attraverso i quali osserva i destini incrociati di coloro che compongono la storia antica o recente di Israele. Nel 1994 presenta al Lido, nella sezione Finestra sulle Immagini - Video – Documentario, Au Pays Des Oranges, Au Pays Des Oranges – Conflicts Et Réconciliation, Parcours Politique – Tuyau, Paroles D'escrivains - Culture De L'est Mediterraneen, Milim, Théâtre pour la vie - Donnons une chance à la paix; nel 19955 Zihron Devarim nella sezione Corsia di sorpasso; nel 1996 Milim; nel 1997, in Officina Veneziana, War And Peace in Vesoul; Yom Yom, nel 1998, in Prospettive e Tsion, Auto-emancipatcie, nel 1999, in Nuovi Territori. Kadosh (1999) e Kippur (2000) hanno partecipato al Festival di Cannes. Nel 2001 ha diretto Eden, tratto da un romanzo breve di Arthur Miller, che è stato presentato in Concorso alla 58. Mostra di Venezia e Wadi Grand Canyon in Nuovi Territori. Nel 2003 è nuovamente in concorso al Lido con Alila. Regista dell’impegno, nel 2002 ha partecipato al film corale 11 settembre 2001 (11'09''01 - September 11) (2002) (evento speciale della 59. Mostra) firmando il segmento “Israele”. Nel 2004 Terra promessa (Promised Land) è in Concorso a Venezia, e nel 2006 gira Free Zone e il documentario News from Home/News from House.
Philippe Kohly nasce nel 1948 a Parigi. Lavora da trent’anni come documentarista, cercando sempre di fissare il reale come se fosse un romanzo per immagini, con la volontà di “far sentire” la realtà. Lo stile utilizzato è personalissimo e originale (ossessione narrativa, ambienti chiusi, commento in stile telegrafico, intensità emotiva) e si esprime fondamentalmente in due direzioni: gli eventi storici e i ritratti di personaggi molto eterogenei tra loro, tra cui scrittori, atleti, artisti, cantanti. Del 1997 si ricorda La chute de la maison Potin (les descendants de Félix Potin) e il lavoro per la televisione Le mystère Anquetil, nonchè Patricia Highsmith, sulla grande scrittrice di gialli, sempre per la tv. Del 1998 è Le Dos au Mur, sulla caduta del muro di Berlino, mentre del 1999 Dalila, le grand voyage. Nel 2000 è la volta di Jacques-Henri Lartigue, opera per la televisione, così come Yvonne de Gaulle le rendez-vous de novembre (2001), Matisse-Picasso (2002) e Françoise Giroud (2003). Nel 2004 è la volta di Barbara, je chante ma vie e di Merckx – Ocana. Nel 2005 torna a lavorare per la tv con L’ambition d’une famille (les Servan-Schreiber) e con Line Renaud, une histoire de France (2006). La sua ultima opera, L’Enfer de Matignon (2007), è invece incentrata sui problemi del governo francese.
Leonardo Autera è nato a Ferrandina (Matera) nel 1924. Trevigiano d’adozione, studia a Padova. Critico cinematografico de “Il Gazzettino” dal 1946-49, si trasferisce a Roma nel 1952. Collabora a varie riviste: “Cinema”, “Bianco e Nero”, “L’Eco del Cinema”. Dal 1967 vive a Milano, dove lavora come critico cinematografico del “Corriere della Sera”. E’ autore di vari film sperimentali in 16 mm tra il 1945 e il 1951 e di una quindicina di cortometraggi fra cui Forme nuove del ferro (1953); Incontri asolani (1954); La strada nel paesaggio (1955); Provincia agricola (1955); Carlo Goldoni Venezian (1957); Diario di una dama veneziana (1958); Il culto di mitra (1959); Indiani di ieri e di oggi (1959); Pane e fiume (1961); Spettacolo eccezionale (1961); Cinema a tutti i costi (1962); L’uomo, Sartre (1962); Qualcosa sopra la pelle (1963); L’io piccolo (1964); Gente della Sernaglia (1965); I lunghi giorni del vino (1965-1966).
Alberto Caldana, si è laureato in lettere all'Università di Padova con una tesi sul cinema e ha svolto una varia e intensa attività, collaborando come redattore al “Giornale di Vicenza” e, per alcuni anni, come segretario di redazione alla rivista “Bianco e Nero”. Oltre ad occuparsi di attività sindacale, è stato anche presidente del circolo del cinema “Mondo Nuovo” e consigliere nazionale della FICC. Documentarista dal 1957, nel 1960-1961 ha diretto in questa veste Le ceneri della memoria, un documentario composto da tre cortometraggi che rievocano la persecuzione nazista contro gli Ebrei e gli orrori dei campi di sterminio. Nel 1961 è la volta di Attenzione: guerra!. Due anni dopo, nel 1963, realizza un esperimento di «cinema-verità» con il suo primo lungometraggio, I ragazzi che si amano, inchiesta sui rapporti d'amore e d'amicizia tra i giovani d'oggi.
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