Bullismo? No, grazie!
Ciò che è emerso, è la conferma che tanti sono gli episodi di Bullismo, ma che altrettante possono essere le risposte. Attraverso l’analisi dei dati che scaturiscono dal corso, non vogliamo fornire un quadro realistico, che di per sé avrebbe poco di costruttivo, ma prospettare una vera e propria soluzione. La chiave di lettura ci viene data da un’adolescente extracomunitaria: una risposta particolarmente positiva ed intelligente al problema! Una presa di posizione coraggiosa, testimonianza importante di chi vive in prima persona le conseguenze di un atteggiamento di sopruso psicologico.
K.S. ci racconta così la sua storia, sottolineando la drammaticità psicologica degli effetti di un “gioco” crudele: “La parola bullo suona molto comune ai ragazzi di oggi. Ad alcuni questa parola non fa effetto, alcuni in questa parola vedono se stessi e ad alcuni ricorda un esperienza bruttissima. Io, fino a pochi giorni fa, l’ho vissuto sulla mia pelle, e vi assicuro che non è così difficile come sembra: è molto di più.”
Inizia così a raccontare una storia “indimenticabile”, causa di paure e sofferenza. Tutto inizia per gioco, con battute “innocue”, molto frequenti, “quasi” normali. Ma il gioco non si ferma: il “bullo” capisce che con lo scherno, con l’accanimento verso il più debole, conquista i compagni, appare più forte, diventa un “leader”. Bullo quindi per divertimento e per bisogno di attenzione.
Intanto la “vittima”, che in pubblico finge di star bene, di non prendersela per quelle “battute” di cattivo gusto, piange, si isola, non ha più voglia di studiare, ha paura di affrontare la quotidianità scolastica; si sente stupida, diversa, estranea ancor più che straniera.
“Mi sentivo inutile. Venire da un altro paese, non conoscere la lingua, non sapere niente di questo mondo, molto diverso da quello in cui hai vissuto e da quello che hai immaginato: aggiungendo anche questa storia ti senti non accettata, diversa.”
Finché un giorno non ce la fa più e invece di disperarsi, trova il coraggio di ribellarsi: “Non avevo il coraggio di andargli contro, ma tutta questa storia, questo dolore ti dà la forza, ti fa tirare fuori la grinta che neanche sapevi che ci fosse dentro di te”. Decide quindi di parlare, di scrivere direttamente al bullo, urlando la sua rabbia: “La storia continua, ma a me non importa più di tanto, perché lui non è migliore di me, e questo è più un problema suo che mio. Da questa esperienza ho capito che bisogna vivere la vita al cento per cento, dare più importanza al sorriso, essere contenti di quello che siamo, e soprattutto essere sicuri e credere in noi stessi.”
Una storia di ordinaria quotidianità, ma importante proprio per la sua carica esemplare: un esempio di coraggio, fermezza e ottimismo. Una risposta intelligente e positiva in un panorama di sofferenza e rassegnazione, una testimonianza che deve fungere da esempio per tutti: affinché ogni vittima trovi il coraggio di ribellarsi al dolore, ed ogni bullo sia costretto a far fronte alle conseguenze del suo comportamento.
Ufficio Stampa
Dott.ssa Stefania Pellegrini