L’Aids in Veneto ha i capelli grigi
Si stima che il numero delle persone sieropositive che ancora non hanno manifestato la malattia sia pari a circa 11.000 casi. Ma l’allarme viene soprattutto dalla modalità con cui le persone scoprono di avere contratto l’infezione da Hiv: “L’età media della diagnosi di Aids è in ulteriore aumento: 43 anni per gli uomini e 39 anni per le donne – spiega Raise – Un dato che dimostra che ci si contagia sempre più tardi, non si crede di essere stati contagiati per cui non si fa il test precocemente e si giunge alla diagnosi di Aids quando è troppo tardi. Non si fa quindi abbastanza profilassi e l’età non è correlata alla maturità dei comportamenti sessuali, anzi contagi sessuali si scoprono oggi anche tra coloro che hanno 60 o 70 anni, in persone sole che hanno avuto rapporti a rischio”.
Secondo il presidente di Anlaids Veneto, la modalità di trasmissione prevalente è quella sessuale: “La prostituzione è la via di contagio più facile se non si usa il preservativo. Ma – sottolinea Raise – spesso per via sessuale, dalle prostitute dell’Europa dell’est e dalle transessuali brasiliane, si contrae non solo l’Hiv ma anche il virus dell’epatite B e C oltre a condilomi, herpes genitale, sifilide, chlamidia, insomma una vasta gamma di malattie sessualmente trasmesse anche per un unico rapporto senza preservativo”.
Oltre ai residenti, sono a rischio anche gli extracomunitari presenti nella regione, che rappresentano, nelle varie province venete, tra il 10 e il 15 per cento del totale degli infetti.
In occasione del Congresso nazionale Anlaids di Rimini, il professor Raise ha anche fatto il punto sullo stato della ricerca nella regione Veneto: “I centri di malattie infettive veneti si caratterizzano per un elevato tasso di ricerca per i nuovi farmaci. Ad esempio a Venezia sono in corso di sperimentazione inibitori della moltiplicazione virale come il TMC125, TMC114, anti CCR5, inibitori della integrasi che costituiscono una nuova associazione capace di bloccare l’Hiv e permettere di ridurre ulteriormente la mortalità per Aids che è scesa dal 98% nel 1995 all’attuale 8%”.
“Ma la sicurezza di una vita vissuta bene non deve essere posta nella terapia che è l’ultima soluzione – avverte il professor Raise – ma nell’essere coscienti che è la prevenzione, ossia fare il test Hiv e usare il preservativo, l’atto più responsabile che ognuno di noi può fare”
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