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L’Aids in Veneto ha i capelli grigi

18/10/2007
Scoprire di avere l’Aids a 40 anni e più, quando combattere l’infezione è molto più difficile: è una situazione sempre più diffusa nel Veneto, come denuncia il professor Enzo Raise, presidente regionale dell’Associazione nazionale per la lotta all’Aids (Anlaids) e direttore della clinica di Malattie infettive di Venezia, che in occasione del XXI Congresso nazionale Anlaids “Aids e sindromi correlate” in corso a Rimini fino al 20 ottobre, ha illustrato i primi dati disponibili relativi alla regione Veneto: “Il numero dei casi di Aids, la fase più avanzata della malattia, è stato di 52 nel 2006 tra i residenti; erano stati 64 nel 2005, in totale 3291 dall’inizio dell’epidemia di cui 3185 in persone residenti in regione. Le province più colpite sono Padova con 445 casi, Vicenza 410, Verona 363, Venezia 342”.

Si stima che il numero delle persone sieropositive che ancora non hanno manifestato la malattia sia pari a circa 11.000 casi. Ma l’allarme viene soprattutto dalla modalità con cui le persone scoprono di avere contratto l’infezione da Hiv: “L’età media della diagnosi di Aids è in ulteriore aumento: 43 anni per gli uomini e 39 anni per le donne – spiega Raise – Un dato che dimostra che ci si contagia sempre più tardi, non si crede di essere stati contagiati per cui non si fa il test precocemente e si giunge alla diagnosi di Aids quando è troppo tardi. Non si fa quindi abbastanza profilassi e l’età non è correlata alla maturità dei comportamenti sessuali, anzi contagi sessuali si scoprono oggi anche tra coloro che hanno 60 o 70 anni, in persone sole che hanno avuto rapporti a rischio”.

Secondo il presidente di Anlaids Veneto, la modalità di trasmissione prevalente è quella sessuale: “La prostituzione è la via di contagio più facile se non si usa il preservativo. Ma – sottolinea Raise – spesso per via sessuale, dalle prostitute dell’Europa dell’est e dalle transessuali brasiliane, si contrae non solo l’Hiv ma anche il virus dell’epatite B e C oltre a condilomi, herpes genitale, sifilide, chlamidia, insomma una vasta gamma di malattie sessualmente trasmesse anche per un unico rapporto senza preservativo”.

Oltre ai residenti, sono a rischio anche gli extracomunitari presenti nella regione, che rappresentano, nelle varie province venete, tra il 10 e il 15 per cento del totale degli infetti.

In occasione del Congresso nazionale Anlaids di Rimini, il professor Raise ha anche fatto il punto sullo stato della ricerca nella regione Veneto: “I centri di malattie infettive veneti si caratterizzano per un elevato tasso di ricerca per i nuovi farmaci. Ad esempio a Venezia sono in corso di sperimentazione inibitori della moltiplicazione virale come il TMC125, TMC114, anti CCR5, inibitori della integrasi che costituiscono una nuova associazione capace di bloccare l’Hiv e permettere di ridurre ulteriormente la mortalità per Aids che è scesa dal 98% nel 1995 all’attuale 8%”.

“Ma la sicurezza di una vita vissuta bene non deve essere posta nella terapia che è l’ultima soluzione – avverte il professor Raise – ma nell’essere coscienti che è la prevenzione, ossia fare il test Hiv e usare il preservativo, l’atto più responsabile che ognuno di noi può fare”

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