Difesa idrogeologica del territorio
L’A.P.A.T. (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente) ha stimato che in Italia, nei più recenti 80 anni, si sono registrate 5.400 alluvioni e 11.000 frane.
Il Ministero dell’Ambiente, nel 2003, stimò un fabbisogno complessivo, per la difesa del suolo, pari a 39.100 milioni di euro. Da allora i finanziamenti destinati alla difesa del suolo ed alla riduzione del rischio idrogeologico sono stati pari solo al 7,4% delle necessità indicate.
“Dal 1998 al 2003 – prosegue il presidente A.N.B.I. - ad interventi per la difesa del suolo sono stati destinati 1409,39 milioni di euro, il cui utilizzo si è protratto fino al 2005; in seguito non ce ne sono più stati. Nel periodo 1999/2005, inoltre, sono stati spesi 1491,54 milioni di lire per interventi urgenti, finalizzati a riparare le conseguenze di sinistri ai danni del territorio: il 44% (667,88 milioni di euro) spesi a seguito di movimenti franosi, il 30% (447,36 milioni di euro) dopo eventi alluvionali, il 20% (282,65 milioni di euro) in seguito ad accadimenti di varia natura, il 5% (72,56 milioni di euro) per fenomeni congiunti, l’1% (21,08 milioni di euro) in seguito a valanghe”.
La fragilità morfologica dell’Italia è accentuata dalla progressiva contrazione della superficie agricola utilizzabile e dalla carente attività di manutenzione del territorio nelle aree interne, aggravata nelle aree di pianura, da una costante, quanto disordinata crescita dell’urbanizzazione (cementificazione), non di rado anche in maniera abusiva.
Nel censimento agricolo del 1990 vennero quantificati in 15.045.900 gli ettari di Superficie Agricola Utilizzabile (S.A.U.), pari a meno del 50% dei 30.128.664 ettari del territorio italiano. Un successivo rilevamento, effettuato nel 2003 da ISTAT e INEA (Istituto Nazionale di Ecologia Agraria) stimava una perdita di quasi 3 milioni, pari al 19%, della S.A.U., ormai attestata a 12.118.792 ettari. Qualora perdurasse la forte disattenzione per il territorio e ipotizzando il medesimo trend per i prossimi 13 anni, si può affermare che, nel 2016, la Superficie Agricola Utilizzabile sarebbe ridotta a 9.816.221 ettari con un’ulteriore contrazione pari a 2.302.571 ettari (superficie superiore a quella dell’intera regione Toscana). In altri termini, in poco più di un quarto di secolo, risulterebbe abbandonata o cementificata un’area pari a 5.229.679 di ettari pari ad un terzo della SAU del 1990.
“E’ ormai evidente a tutti – conclude Gargano - che è indispensabile, onde evitare di ridurre ulteriormente la sicurezza territoriale, una continua sistemazione idraulica e l’adeguamento delle reti di scolo, giacchè quelle esistenti sono state dimensionate in base a territori rurali oggi non più esistenti e la successiva impermeabilizzazione comporta la necessità di ricalcolare le canalizzazioni in relazione alle nuove necessità; l’odierna insufficienza idraulica è accentuata, inoltre, dalla estremizzazione degli eventi atmosferici, conseguenza dei cambiamenti climatici in atto. Secondo l’ANBI, serve un Piano straordinario di adeguamento della rete idraulica italiana, la cui attuazione ben si integra con il Piano degli Invasi, che da tempo chiediamo e che, trattenendo le acque, abbinerebbe funzioni di prevenzione idrogeologica e di tutela ambientale, costituendo una “riserva d’acqua” per i sempre più ricorrenti momenti di siccità. Il Paese, in tutte le sue componenti, deve assumere la consapevolezza che la sicurezza idrogeologica in montagna e in pianura è condizione indispensabile per qualsiasi ipotesi di sviluppo; d’altronde, proprio la fragilità territoriale è indicata come una delle cause, per cui investitori stranieri privilegiano altri stati comunitari invece che l’Italia; ciò nonostante l’indiscussa attrattività turistica della Penisola.
Per il territorio e per la sicurezza dei cittadini non è più rinviabile il tempo delle scelte, conclude Gargano.
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