Garibaldi e il Polesine
Lo scopo del convegno non è solo quello di testimoniare le radici e la persistenza del mito di Garibaldi nel territorio, ma verificarne connessioni e divaricazioni, attraverso la presenza e l’opera di Alberto Mario e Jessie White per arrivare fino a Giosuè Carducci.
Nel lungo cammino del Veneto verso l’annessione all’Italia, una straordinaria convergenza di circostanze contrassegna la storia della seconda metà del secolo XIX del Polesine. Sullo sfondo di un accentuato e diffuso fervore patriottico risalente al periodo carbonaro, s’intrecciano qui, per qualche tempo, i destini e legami fra quattro illustri figure: Garibaldi, Alberto Mario, Jessie White e Carducci. Ai prodromi della prima Guerra d’Indipendenza, tra i più ardimentosi protagonisti dell’insurrezione studentesca di Padova contro l’oppressore austriaco del 1848, s’incontrano i polesani Alberto Mario, Bortolo Lupati, Domenico Piva, Alfonso Turri, Pietro Salvagnini, rampolli della borghesia agraria e commerciale, che poi ritroveremo tra i volontari garibaldini.
Nel 1849 il rodigino Domenico Piva proteggerà Garibaldi durante la sua fuga verso Venezia dopo la fine della repubblica romana e lo seguirà, assieme ad Alberto Mario e Jessie White, Remigio Piva, Domenico Marchiori, i fratelli Canalini, Lupati, Turri ed altri in Sicilia nella spedizione dei Mille. Dopo l’annessione del Veneto all’Italia, nel 1867 Garibaldi, partendo dalla casa dei Mario a Bellosguardo presso Firenze, di cui era stato ospite, inizierà il suo viaggio di propaganda nel nord Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica per Roma capitale e approderà in Polesine accolto entusiasticamente a Rovigo, ospite del conte Angeli, e subito dopo a Lendinara, dove aveva parlato dal poggiolo di Ca’ Dolfin, il bel palazzo di Domenico Marchiori, sindaco della città ed ex garibaldino. E gli ex garibaldini, della prima come dell’ultima ora, erano numerosi in Polesine e parecchi fra loro avevano continuato per il resto della loro esistenza a mantenere viva la memoria di un'avventura lontana, di cui restavano sparsi cimeli e illividite camicie rosse.
Proprio Lendinara, dopo il rientro degli esuli Mario diventerà uno dei centri più frequentati dal più importante letterato dell’epoca e “garibaldino per fede”, Giosuè Carducci. Costui mentre continuerà a coltivare l’amicizia con i coniugi Mario e in particolare con la moglie Jessie, la quale sta componendo una monumentale biografia di Garibaldi, intreccia negli anni ’70 una intensa storia sentimentale con Lina Cristofori-Piva, musa ispiratrice delle “Primavere elleniche” e moglie del generale rodigino Domenico Piva. A Lendinara e a Rovigo la memoria di questo magico momento storico è ancora vivo nei monumenti e nelle istituzioni che le rispettive comunità hanno dedicato a questi importanti figure del Risorgimento italiano.
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