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Alta cucina friulana con tartufo toscano e vini di Piemonte

05/11/2007
Il tartufo, prezioso e costoso come l’oro, amato dai gourmet e temuto dalle degustatrici ma anche dalle massaie che ne vogliono fare un pur costoso complemento delle loro pietanze, per il profumo troppo deciso che a volte sprigiona se non è di grande qualità o non è la sua stagione. Il tartufo è infatti stato ancora una volta protagonista di una serata di approfondimento a Colloredo di Monte Albano, al ristorante “La Taverna”. Il locale, già noto e apprezzato da una trentina d’anni dagli appassionati dell’alta cucina, ha imboccato dalla scorsa primavera un nuovo corso. Piero Zanini e la moglie Matilda si sono rivolti infatti con decisione verso gli appuntamenti – degustazione, per assecondare le richieste dell’esigente clientela. Bene supportati dallo chef Claudio Turrin, continuano la strada intrapresa alla fondazione del locale assieme all’ex socio di Piero Zanini, Vinicio Sant. Per consentire ai commensali di apprezzare e di conoscere al meglio le pietanze arricchite dal tartufo, Piero e Marilda hanno così convocato i produttori del tartufo toscano, i quali hanno presentato il “Truffle Show”. Occasione per promuovere il tartufo che è considerato ormai come l’oro, nero, … o bianco. Si trattava della direttrice dell’azienda Toscobosco, di Castiglion Fiorentino, Catia Merlotti, e di David Rossi, esperto tartufologo toscano. I due relatori, introdotti da Zanini, hanno così parlato del nero di Norcia, il Tuber melanosporum, e del Tuber aestivum Vitt (da Vittadini il ricercatore che lo ha individuato per primo), che si coglie dal sottosuolo da metà maggio a fine settembre, ed è quello più diffuso e utilizzato per i prototti lavorati. Mentre in primavera si raccoglie il Tuber albitum pico, o bianchetto marzuolo. Non bisogna dimenticare il tartufo disponibile in questi mesi, che è il tartufo nero autunnale. Ma il più pregiato è il tartufo bianco, o Tuber magnatum pico, raro e costosissimo, con quotazioni che, com’è stato spiegato, vanno da 4 mila a 7 mila euro. Dove si trovano i tartufi? Anche nel Friuli Venezia Giulia. I rizomiceti, cioè i tartufi che debbono essere estratti scavando nel sottosuolo e per buona parte sono individuati da pochi esperti, oppure con l’aiuto di cani appositamente addestrati, prediligono formarsi sulle radici delle piante di faggi e dei pioppi, oppure dei salici. E soprattutto nelle zone umide, come il fondovalle, dove scorrono i corsi d’acqua. Detto di questo, ecco il contenuto della serata, che è stata aperta dalla royale di verze profumata allo speck con crema di sedano rapa e tartufo nero, sposata al Franciacorta Brut Montenisa. A dir poco didattico per la semplicità di confezione, e di altissima qualità il fassone magro battuto all’albese e con il tartufo bianco. Si trattava di una tartare realizzata con le pregiate carni del bovino del Piemonte, proposte semplicemente con un pinzimonio a secco, di carota, sedano, finocchio, peperone. E abbinato con il Dolcetto d’Alba Sandrone 2006. Con lo stesso vino è poi stata proposta la pietanza più voltata dai commensali, ai quali era stato consegnato un apposito questionario. Si trattava della prelibata cocotte di fonduta con tuorlo d’uovo e tartufo bianco. Ancora un grande vino del Piemonte, il Barolo d’Alba Sandrone 2005, per deliziare il palato dei presenti con gli squisiti tortelli di patate e tartufo su crema di porro, e la polente cuinciade e tartufo bianco.

Carlo Morandini

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