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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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Emilia-Romagna con l’acqua alla gola

06/11/2007
In Emilia Romagna il tasso di perdita di suolo dovuto a processi di urbanizzazione nel periodo 1976-2003 è stato pari a 8 ettari al giorno. Nello stesso periodo 9 ettari al giorno di aree agricole sono state abbandonate e lasciate evolvere verso ecosistemi seminaturali. L’urbanizzazione si è ’mangiata’ dal 1990 al 2003 quasi 160.000 ettari di territorio, il 7% dell’intera superficie della regione, un’area vasta quasi quanto l’intera provincia di Ravenna. Nuove proiezioni evidenziano un ulteriore costante calo di Sau (Superficie agricola utile), restringendo sempre più in specifiche aree l’attività agricola. “C’è di che essere seriamente preoccupati – ha commentato Emilio Bertolini, presidente Unione Bonifiche Emilia Romagna – per le implicazioni ambientali indotte da queste trasformazioni territoriali. L’impermeabilizzazione del suolo, unitamente alle variazioni climatiche e alla crescente probabilità di eventi estremi (piogge torrenziali alternate a periodi di siccità), rendono sempre più indifeso il nostro territorio, sempre più esposto al rischio idraulico, cioè alla possibilità di allagamenti ed esondazioni”.

L’allarme è stato lanciato nel corso di un convegno organizzato da Urber in collaborazione con la Regione Emilia Romagna su ‘Attività di bonifica e qualificazione ambientale verso il nuovo Piano territoriale regionale, per un futuro controcorrente’. Dalle relazioni del prof. Ciro Gardi (Università di Parma) e Francesca Dallabetta (Bonifica Renana) è emerso il quadro di un territorio sconvolto nei suoi equilibri ambientali e idraulici. L’incremento della superficie urbanizzata dal 1976 al 2003 nella parte emiliano romagnola dei comprensori di bonifica è di 823.000.000 di m² pari a circa l’80%.

E’ ormai assodato che ogni ettaro urbanizzato, considerando anche il volume della sottostante fognatura, riduca la capacità di ritenzione idrica del territorio di 500 metri cubi.

Il combinato disposto tra urbanizzazione inarrestabile e crescente spopolamento delle aree montane comporta nuovi gravosi impegni per la salvaguardia idrogeologica del territorio, condizione indispensabile per il futuro di qualsiasi comunità. Senza manutenzione si espone il territorio – in particolare quello collinare e montano - al rischio di eventi naturali (frane, alluvioni, smottamenti, ecc.), mentre la creazione di nuove aree abitative o produttive obbliga ad adeguare, spesso a realizzare ex novo, la rete idraulica indispensabile a gestire le acque piovane onde evitare allagamenti (la capacità di assorbimento di un territorio ‘cementificato’ è dieci volte inferiore a quella di un'area agricola).

“Occorre investire di più nella difesa del suolo e nella sicurezza del territorio”, ha aggiunto Bertolini nella tavola rotonda che ha chiuso il convegno. “È necessario quindi assumere nel nuovo quadro pianificatorio proposto dal PTR il vincolo idraulico come fattore dello sviluppo urbanistico, vale a dire che quando si progettano nuove urbanizzazioni bisogna sempre tener conto della sostenibilità idraulica degli interventi”.

“In questi anni le uniche risorse economiche destinate con certezza annuale al problema della sicurezza territoriale sono state quelle messe a disposizione dai Consorzi di Bonifica, oltre 247 milioni di euro nel 2006”, ha spiegato poi Bertolini. “Risorse certamente insufficienti, ma certe, a fronte del progressivo venir meno delle risorse pubbliche. Non c’è solo l’emergenza irrigua estiva, c’è una emergenza idraulica che dura tutto l’anno. Servono nuove casse di espansione, canali risagomati, potenzianti funzionali e strutturali degli impianti idrovori. Di fronte alle aumentate criticità ambientali di un territorio regionale che è tra i più antropizzati e urbanizzati d’Europa, si impone l’adozione di un piano straordinario di manutenzione territoriale per garantirne un uso sicuro ai più diversi fini: produttivo, infrastrutturale, civile. I cittadini hanno diritto a non andare sott’acqua”.

“Per gestire in modo più adeguato la risorsa acqua non è necessario tagliare i diversi enti che se ne occupano”, ha sottolineato Marioluigi Bruschini, assessore regionale alla sicurezza territoriale e difesa del suolo. “Ma occorre invece realizzare una programmazione integrata che metta in connessione istituzioni grandi e piccole, enti programmatori ed enti gestori. Gli strumenti ci sono. In particolare il nuovo PTR, che dovrà contenere misure più stringenti ed obbliganti per la sicurezza territoriale, e la legge regionale di difesa del suolo, al cui interno i Consorzi di bonifica dovranno essere individuati senza tentennamenti come componenti fondamentali dell’azione di difesa idraulica ed idrogeologica”.

“Il modello di sviluppo per cui ci battiamo mette al centro il territorio e i suoi valori”, ha infine concluso Massimo Gàrgano, presidente dell’ANBI. “E sicuramente crediamo più nella prevenzione che nel rincorrere le emergenze. Purtroppo dobbiamo constatare che in Finanziaria le risorse per la difesa del suolo latitano: solo 200 milioni di euro, di cui appena 13,5 per l’Emilia-Romagna. E questo quando lo stesso Ministero dell’ambiente comunica che più dell’88% dei Comuni in Italia si trova in zone ad alto rischio idrogeologico. Ma se vogliamo perseguire un modello di sviluppo sostenibile non possiamo prescindere dalla sostenibilità idraulica del nostra Paese”.

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