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Forte preoccupazione per sicurezza idrogeologica a Nordest

26/11/2007
In Italia, in maniera evidente in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, si spendono più soldi per riparare i danni da eventi naturali piuttosto che per prevenire il verificarsi di allagamenti, alluvioni e frane. Oggi più che mai è di fondamentale importanza assumere la consapevolezza che la sicurezza del territorio e dei cittadini è condizione indispensabile per qualsiasi ipotesi di sviluppo. Tale grido d’allarme è stato lanciato a Padova dal presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, Massimo Gargano, che ha scelto la “città del Santo” per l’avvio di una campagna di sensibilizzazione sui temi delle compatibilità ambientali e del rischio idrogeologico nel Paese e nel Nordest in particolare.

“L’obiettivo, che ci poniamo, è guardare con determinazione al futuro del territorio – ha dichiarato Gargano – in Italia ad essere in ritardo è la politica ma soprattutto la cultura, dal momento che si preferisce gestire o fronteggiare l’emergenza anziché prevenirla”.

Secondo il Ministero dell’Ambiente, in Veneto, necessita un fabbisogno complessivo per la difesa del suolo di 4.300 milioni di euro; in realtà dal 1998 al 2003 (ultimo anno di significativi stanziamenti) sono stati spesi 20,83 milioni per la prevenzione, mentre ne sono stati necessari ben 65,75 milioni per riparare le conseguenze di calamità naturali sul territorio.

Spostandosi in Friuli Venezia Giulia la situazione non cambia: a fronte di un fabbisogno di 1.500 milioni di euro ne sono stati spesi 15,70 per la salvaguardia e 39,74 per ovviare ai danni. Solo in Trentino Alto Adige l’investimento per prevenire (50,58 milioni di euro) supera quello richiesto per ripristinare le conseguenze (20,41), ma anche in questo caso il fabbisogno risultava assai più elevato (300 milioni di euro).

“Nel 1990 il Censimento dell’agricoltura rilevava in Veneto una Superficie Agricola Utilizzata di 881.267 ettari – ha aggiunto Massimo Gargano – Nei tredici anni successivi la perdita è stata di 79.844 ettari pari al 9%. Ipotizzando una analoga riduzione nei prossimi tredici anni, ci si ritroverà, nel 2016, ad aver perso, in solo un quarto secolo, oltre 152.000 ettari, vale a dire l’8,3% dell’intera superficie regionale. A tale trasformazione non sta corrispondendo analogo adeguamento della rete idraulica: è evidente che la capacità di assorbimento delle piogge di un territorio coltivato è ben diversa da quella di un’area cementificata o abbandonata”.

Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Anna Maria Martuccelli (Direttore Generale A.N.B.I.), Antonio Tomezzoli (Presidente Unione Veneta Bonifiche), Dante Dentesano (Presidente Unione Regionale Bonifiche Friuli Venezia Giulia), Giorgio Piazza (Presidente Coldiretti Veneto) e Guidalberto di Canossa (Presidente Confagricoltura Veneta).

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