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Alvise Zorzi, alfiere della venezianità: Premio Amelia 2007

29/11/2007
La quarantacinquesima edizione del Premio Amelia 2007 ha come protagonista “l’ultimo Doge di Venezia”. Alvise Zorzi, celebre scrittore che ha la città lagunare nel sangue, è stato decretato vincitore del premio che fu, in passato, di personalità come Pier Paolo Pasolini, Dino Buzzati, Enzo Biagi, Leonardo Sciascia, Margherita Hack e di molte altre figure di spicco del panorama culturale e non solo. Il premio è stato consegnato in una cerimonia ufficiale ospitata alla trattoria “All’Amelia” di Mestre, dove nacque nel lontano 1965 l’idea del prezioso riconoscimento culturale sotto l’egida del padrone di casa Dino Boscarato.

All’illustre scrittore vincitore di quest’anno il sodalizio del premio ha riconosciuto “l’impegno e l’eccellente operare, il suo essere alfiere di una appassionata venezianità, che nel ricordo dei tempi passati vuole tenere viva e vitale la memoria della nostra città” come si legge nella motivazione ufficiale.

Alvise Zorzi, 84 anni, è uno scrittore che ha dedicato alla città lagunare una vasta produzione letteraria. Portano la sua firma opere come “Venezia scomparsa”, lo studio più documentato sul patrimonio artistico dalla caduta della Seremissina a oggi, e “la Repubblica del Leone”, tanto per citare due tra i titoli più noti. Ma il suo impegno per la salvaguardia di Venezia va ben oltre la letteratura: Zorzi ha fatto parte del Comitato consultivo per Venezia dell’Unesco ed è presidente dei Comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia, oltre che dei Comitati per la pubblicazione delle fonti per la storia della città. Il lungo curriculum professionale inoltre si è arricchito negli anni con ulteriori impegni professionali: ha lavorato a lungo in Italia e in Europa nel settore della comunicazione, è stato responsabile dei programmi Rai-Tv e vicepresidente dell’Unione Europea per la radiodiffusione.

La consegna del premio ha offerto a questo “alfiere della venezianità” l’opportunità di tornare su alcuni temi a lui cari: “Serve la chiara volontà politica di fare qualcosa che vada oltre la semplice salvaguardia - ha ribadito -, per evitare che Venezia diventi un parco di divertimenti e null’altro. C’è una fuga degli uffici pubblici, la scomparsa delle attività commerciali e, al contempo, la comparsa di moltissime seconde case”. Non è dunque l’acqua alta il vero grande problema di Venezia, bensì lo spopolamento: “Non c’è stata finora una buona politica della casa in città, così come non si è fatto abbastanza per tutte le altre attività che esulano dal settore turistico”. Venezia, secondo Zorzi, non deve diventare una squallida Disneyland: “Questa città ha una vita culturale attivissima con due università e la terza del Patriarca, la Biennale e una quantità di istituzioni culturali vivacissime, ma non c’è più la gente”. Se un tempo Venezia era vissuta da 150mila residenti, ora la popolazione è intorno alle 60mila presenze. E crescono i turisti, che presto potranno aumentare con l’afflusso dei cinesi che “hanno il culto di Marco Polo e di Venezia quindi appena potranno viaggiare è qui che verranno. Di questo sono felice, ma bisogna organizzarsi per accoglierli”.

Forte delle sue nozioni storiche e incalzato dalle domande, Zorzi ha ripercorso e valutato i vecchi padroni di Venezia: “Il peggiore è stato il Regno italico di Napoleone, mentre l’Austria non è stata poi tanto male, se ricordiamo che ha sistemato l’Archivio di Stato e allargato il porto franco a tutta la città, anche se sotto gli austriaci ci fu il primo bombardamento. Quanto all’Italia unita, si trattò di una grande stagione imprenditoriale con personalità come Volpi e Cini, di cui ora si dice erroneamente male. La decadenza del Dopoguerra è stata colpa in parte dell’amministrazione locale, non tanto del governo nazionale”. Un’ultima battuta Zorzi l’ha dedicata all’opera di Calatrava: “Nel punto più degradato del Canal Grande un manufatto di un grande architetto non ci starebbe male. L’idea era buona, vedremo se si realizzerà in maniera consona ai nostri desideri”.

Giorgia Gay

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