Al fronte e in prigionia
L'artigliere Granello viene inquadrato a Mantova nel “IV Reggimento contraerei” e parte per le esercitazioni a fuoco nelle montagne fra Liguria e Piemonte. Allo scoppio della guerra si trova sul Colle di Tenda per contrastare col cannone 75/46 dell'Ansaldo gli aerei francesi e inglesi che vanno a bombardare il porto di Genova. Dopo i pochi giorni nelle Alpi occidentali, la guerra di Guido continua nella sabbia infuocata del deserto libico; «e sempre con la stessa divisa di panno», ricorda. «Si moriva dal freddo in montagna, si moriva dal caldo nel deserto».
In Libia, le truppe italiane guidate da Rodolfo Graziani dapprima avanzano per 120 km in territorio egiziano fino a Sidi el Barrani, ma all'inizio di dicembre del 1940 subiscono la controffensiva della Western Desert Force inglese che, nel giro di due mesi, sbaraglia la Decima armata italiana (oltre 130.000 uomini) e occupa l'intera Cirenaica.
Catturato a Bardia il 5 gennaio 1941, il nostro artigliere viene rinchiuso per una ventina di giorni nelle “gabbie di reticolato” (e chèbe) presso Alessandria d'Egitto e poi trasferito in Sudafrica nella stiva di una nave da carico inglese. Un viaggio che dura ventisette interminabili giorni, con un trattamento ai limiti della sopravvivenza, in spregio alle più elementari norme della Convenzione di Ginevra.
In Sudafrica Granello viene destinato al campo di Zonderwater, insieme a migliaia di altri soldati catturati in Libia e in Africa Orientale. Il campo di concentramento è enorme, forse il più grande fra i campi della Seconda guerra mondiale. Tuttavia una gestione sostanzialmente corretta rende sopportabile la permanenza, pur con tutta la durezza di una vita tra i reticolati. Basti pensare che fra i 92.000 prigionieri che transitano a Zonderwater si contano circa trecento morti: una cifra ben lontana dagli impressionanti tassi di mortalità dei prigionieri italiani nella Russia comunista (oltre il 25%), nella Germania nazista (7,5%) o in mano ai democratici “alleati” francesi (7,3%) .
Proprio con una nave francese avviene il ritorno in patria. L'equipaggio «ce l'aveva su a morte con gli italiani perché gli avevamo dato “la pugnalata alla schiena” all'inizio della guerra», ricorda Granello, e pur essendo la nave sotto l'egida della Croce Rossa e la guerra ormai finita da un anno «ci hanno fatto patire la fame per diciassette giorni, fino a Suez». Qui i prigionieri sono consegnati agli inglesi per l'ultima tappa, il porto di Napoli.
Da Napoli, con un viaggio avventuroso sulla dissestata rete ferroviaria che risale l'Italia su un unico binario (con precedenza per gli Alleati), Granello giunge finalmente a Mestre e poi a Treviso la notte dell'11 marzo 1946.
Camillo Pavan, Al fronte e in prigionia. La seconda guerra mondiale nel racconto di Guido Granello. Colle di Tenda - Sidi el Barrani – Bardia – Zonderwater. Pagine 62, euro 9, CSC edizioni (0438-460030).
IV di copertina
La storia di un ragazzo, la storia di una generazione
Chiamato alle armi a vent’anni, nel marzo del 1940, tre mesi più tardi l’artigliere Guido Granello si trovò in guerra. Dapprima contro i francesi nelle Alpi, poi contro gli inglesi nel deserto; sempre con la stessa divisa di panno. Catturato a Bardia il 5 gennaio 1941, Granello fu tra i primi a conoscere sul campo la cruda differenza fra propaganda di guerra e realtà della guerra.
Camminò per giorni nel deserto, senza acqua, senza cibo, senza scarpe, derubato di tutto dai soldati nemici. Dopo un breve soggiorno nelle “gabbie” egiziane, con un allucinante viaggio in nave raggiunse la destinazione finale, il campo di Zonderwater in Sudafrica. Tornerà a casa nel marzo del 1946, dopo sei anni di guerra e prigionia.
Guido Granello, è nato nel 1920 a Canizzano (TV), dove vive. Alla fine della guerra lavorò per un triennio con gli inglesi. Poi emigrò in Canada. Ritornato a Treviso lavorò come mugnaio e in fornace. Nel 1960 fu assunto dall’Edison di Marghera in un reparto particolarmente nocivo, tanto che andò in pensione nel 1979 con il 60% di invalidità permanente.