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I Veneti chiedono più qualità ai professionisti

27/02/2008
Cambiare senza stravolgere, riformare senza forzare: così i cittadini veneti si posizionano rispetto alla proposta del ministro Bersani di liberalizzare gli ordini professionali. Ma il significato di liberalizzazione non appare chiaro a tutti: solo il 16% si dichiara infatti di essere al corrente delle novità introdotte nel mondo delle professioni dalle liberalizzazioni. Ben il 43% afferma, al contrario, di non essere assolutamente informato. Nell'opinione pubblica veneta pare dunque esistere un rifiuto di soluzioni e risposte radicali. In questo senso, le due ipotesi estreme di mantenere o abolire gli ordini professionali appaiono minoritarie. Solo il 7% del campione ritiene infatti che non si debbano modificare gli ordini professionali mentre il 26% auspica l'abolizione tout court degli ordini stessi. Il 67% vorrebbe invece mantenerli, in modo da conservare le garanzie di qualità delle prestazioni, però riformandoli con nuove regole interne che li renda meno rigidi e più aperti.

A livello più ampio, appare esserci invece una sfasatura tra la rappresentazione astratta del processo di liberalizzazione - tendenzialmente positiva - e la percezione pratico-quotidiana delle conseguenze dell'abolizione degli ordini, assai più problematica: se stimolati su temi della vita quotidiana, i cittadini veneti rivelano infatti maggiori resistenze rispetto all'abolizione e al conseguente passaggio al libero professionismo.

È questo il panorama che emerge dai risultati dell'indagine sulla liberalizzazione degli ordini professionali promossa tra un campione di cittadini veneti dalla Fondazione delle Professioni della provincia di Venezia e curata da Publica ReS Ricerche. I risultati sono stati presentati mercoledì 27 febbraio, in conferenza stampa al centro S. Maria delle Grazie di Mestre, alla presenza di istituzioni e esponenti degli ordini e collegi professionali del Veneto.

Dall'indagine emerge dunque che i cittadini mediamente ripongono fiducia nell'operato dei professionisti, quasi sempre certi di poter contare su persone preparate e in grado di consigliare le giuste soluzioni. Oltre il 75% dei veneti si è ad esempio rivolto negli ultimi tre anni a un medico o a un farmacista. E proprio i medici e i farmacisti, unitamente ai commercialisti, risultano più stimati rispetto a chi svolge professioni giuridiche e tecniche.

Ma se figure quali il medico di famiglia, il farmacista "sotto casa" o il commercialista risultano affidabili e apprezzate, su un livello più generale, il campione intervistato esprime forti resistenze rispetto alle funzioni degli ordini professionali: il 41% ritiene infatti che la loro funzione sia quella di "tutelare la categoria dei professionisti" mentre solo il 19% considera che il fine degli ordini sia di "tutelare la clientela che usufruisce del loro lavoro".

Nell'opinione pubblica veneta è infatti radicata la convinzione che gli ordini professionali siano uno strumento di rinforzamento e trasmissione di privilegi corporativi. Solo il 30% dei cittadini (nel 2000 erano il 62%) ritiene poi che gli iscritti agli ordini professionali siano stati selezionati in base alle capacità.

Ma questo non significa una demonizzazione: solo il 20% del campione ritiene infatti che l'abolizione degli ordini professionali produrrebbe un aumento della qualità dei servizi offerti. Al contrario, il 37% sostiene che la qualità peggiorerebbe. Di più, il 61% degli intervistati pensa che l'abolizione degli ordini professionali e il conseguente venir meno degli esami di stato potrebbe produrre un peggioramento dei servizi resi da liberi professionisti. Ne va di conseguenza che il 49% del campione esprima forti resistenze e perplessità riguardo agli eventuali benefici in termini di prezzi derivanti dalla liberalizzazione, tanto da ritenere che un'abolizione degli ordini professionali manterrebbe invariate, o addirittura aumenterebbe, le tariffe.

Dall'indagine è emerso poi un particolare curioso: se ad inizio intervista il 26% del campione si dichiarava favorevole all'abolizione degli ordini professionali (quasi una presa di posizione condita da sfiducia preconcetta), ponendo la stessa questione dopo una serie di domande sugli effetti pratici della liberalizzazione, la percentuale di favorevoli alla liberalizzazione era scesa di circa il 5%.

Appare inoltre importante sottolineare che, per i cittadini veneti, non vi è alcuna relazione tra l'abbassamento dei prezzi e un eventuale aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate. Al contrario, nell'opinione pubblica veneta è forte il timore che il processo di liberalizzazione possa sfociare in uno scadimento della qualità dei servizi dovuto alla soppressione dei tradizionali filtri e controlli esercitati dagli ordini professionali.

"Dal sondaggio emerge uno spaccato interessante del rapporto che i cittadini veneti hanno con gli ordini dei professionisti - spiega il presidente della Fondazione delle Professioni della provincia di Venezia Alessandro Grinfan -. Sarebbe tuttavia controproducente ignorare la forte domanda di cambiamento e di riforma degli ordini professionali che viene dalla popolazione veneta. Attraverso il nostro campione si profila infatti un forte bisogno di superamento delle chiusure corporativistiche. L'opinione pubblica veneta domanda comunque una riforma degli ordini professionali che vada nel senso di una maggiore apertura. Da questo punto di vista, le liberalizzazioni non si configurano quindi come un fine in sé stesso, quanto piuttosto come uno strumento per ottenere più qualità e trasparenza nei servizi e nelle prestazioni ricevute".

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