Diossina: confusione su mozzarella fa crollare vendite
Siamo di fronte - sostiene la Coldiretti - ad un fatto emblematico dello stato di completa confusione con cui si sta affrontando una emergenza che sta portando a livello internazionale all’assunzione di restrizioni commerciali sproporzionate ed ingiustificate in assenza di prove concrete e nonostante le importanti attività di controllo e certificazione effettuate sulla mozzarella di bufala campana.
La situazione - sottolinea la Coldiretti - va affrontata con responsabilità nei confronti degli allevatori e dei consumatori verso i quali occorre chiarezza per evitare di provocare un ingiustificato effetto valanga sulle vendite stimate già in calo fino al 60 per cento, a seconda delle zone.
Le barriere commerciali nei confronti della mozzarella di bufala sono - sostiene la Coldiretti - il primo effetto esplicito dei danni provocati a settori importanti dell’economia dai ritardi accumulati nell’affrontare l’emergenza rifiuti in Campania, alla quale vengono strumentalmente collegate.
Una situazione drammatica che - afferma la Coldiretti -.rischia di avere un impatto economico ed occupazionale ben piu’ rilevante di quello della vendita della compagnia di bandiera Alitalia.
Occorre fare chiarezza - continua la Coldiretti - per tutelare l’immagine di un prodotto destinato per il 16 per cento all’esportazione che offre opportunità di occupazione a 20mila persone con una produzione annuale di circa 33 mila tonnellate.
La mozzarella di bufala - precisa la Coldiretti - è un prodotto simbolo del Made in Italy alimentare ed è esportata, soprattutto nei Paesi Europei ma che si sta estendendo anche al Giappone e ad altri Paesi extra europei a cominciare dalla Russia.
Dal 12 giugno 1996, la Mozzarella di Bufala Campana - ricorda la Coldiretti - ha ottenuto il riconoscimento del marchio a Denominazione di Origine Protetta. Come quantità di produzione è al quarto posto tra i formaggi a denominazione di origine (DOP) nazionali ed è realizzata - conclude la Coldiretti - per circa il 90 per cento in Campania, mentre il basso Lazio e la provincia di Foggia trasformano il 10 per cento.