Thetis, l’azienda con il pallino dell’innovazione
Nella sede storica dell’Arsenale di Venezia opera Thetis, una società di ingegneria, consulenza e servizi a valore aggiunto, che opera come integratore di sistema nello sviluppo di progetti, servizi, applicazioni tecnologiche innovative. Tre sono le sue aree di riferimento: ingegneria civile e del territorio, studi e analisi ambientali, sistemi intelligenti di trasporto. Ogni giorno all’Arsenale si procede con la produzione e la qualifica di sistemi e apparati per il monitoraggio ambientale, il telerilevamento, la gestione del trasporto, la telerobotica, le operazioni subacquee. L’amministratore delegato e direttore generale, Antonio Paruzzolo, racconta passato e futuro della società.
Thetis è una realtà che negli anni si è consolidata e ha avuto sempre maggior successo. Quali sono le sue carte vincenti?
“Noi siamo partiti da molto lontano: ci siamo caratterizzati in prima istanza come una società che puntava alla trasformazione di un’area importante per Venezia come l’Arsenale. Questa è stata la cifra del nostro primo successo: abbiamo dimostrato che si potevano fare delle cose di cui molti avevano parlato per anni e che noi, con un pizzico di spregiudicatezza in più, siamo riusciti a realizzare. La credibilità che ne è seguita è tuttora una delle caratteristiche che più ci viene riconosciuta e questo è un bagaglio molto importante, che ci consente a volte di proporre delle avventure appassionanti come quella del monitoraggio del traffico a Pechino e dei porti della Croazia. Un altro punto a favore è che siamo a Venezia e siamo molto veneziani: abbiamo fatto molto per il territorio e adesso cerchiamo di valorizzare ed esportare quei risultati”.
La vostra parola d’ordine potrebbe essere “avanguardia”, perchè puntate molto sull’innovazione.
“Sì, anche se la nostra a volte non è un’innovazione codificata: noi cerchiamo di innovare i processi, ma anche e soprattutto il modo in cui facciamo le cose. Questo ci porta a valorizzare i giovani, facendo fare loro esperienze formative e consentendo loro di guardare avanti, di pensare a qualcosa che sia innovativo non tanto perché si crea un nuovo prodotto, ma perché si riesce a fare sistema delle cose che già esistono. È un modo di fare innovazione meno eclatante rispetto a chi esce nel mercato con un nuovo gadget, ma io credo che per un Paese e una regione come la nostra questo sia molto importante.
Quando noi abbiamo iniziato qualche anno fa, ritenevamo che ci fosse la necessità di avere delle organizzazioni che chiudessero il gap tra la formazione teorica universitaria e la pratica del lavoro. Thetis è stata un po’ pensata per collocarsi in mezzo a questi due estremi. Devo dire che abbiamo avuto qualche delusione, ma anche tante conferme: abbiamo stretto collaborazioni sia con Unindustria sia con l’Università, che hanno dato ottimi esiti”.
Quindi il messaggio da dare ai giovani in tempi in cui si parla tanto di precariato è che per loro c’è spazio?
“Assolutamente sì. Inoltre sono convinto che vada distinto in maniera netta il precariato di coloro che possono perdere il lavoro da un momento all’altro perché non hanno una specializzazione e invece quello che io non chiamo “precariato”, ma che è piuttosto una forma di flessibilità dei giovani che, essendosi formati, hanno un ampio spettro di scelta. Non esiste più un mondo in cui si inizia un lavoro a 18 o 20 anni e lo si lascia al momento della pensione, ma esistono delle competenze da valorizzare, non necessariamente stando sempre fermi nello stesso posto”.
Una delle aree di maggiore interesse per voi è l’ambiente. Cosa fa concretamente Tethis in questo ambito?
“Abbiamo fatto la scelta iniziale di occuparci di ingegneria ambientale e di temi che hanno a che fare con lo sviluppo sostenibile (cfr. video-intervista). Ma per prima cosa abbiamo cercato di capire: la nostra prima fase è stata caratterizzata dalla creazione di una conoscenza-base, che ci ha visti impegnati in monitoraggi della laguna e di altre aree come la Sardegna. Siamo partiti dall’idea che per decidere bisogna conoscere.
Da qui sono nati i nostri progetti di sviluppo e di recupero ambientale che ci hanno impegnato negli anni successivi e che ci portano nel cuore del problema di come utilizzare al meglio le risorse. I nostri progetti sono mirati a rendere lo sviluppo delle città più sostenibile, mentre i lavori per il recupero dei siti industriali cercano di riconsegnare alla popolazione delle aree che per anni sono state precluse”.
Thetis si propone come un’azienda in cui il dipendente può vivere bene, dove è garantita una certa qualità di vita. Come ci riuscite concretamente? Non credete di essere un’eccezione alla regola?
“Io penso che il fatto di essere considerati un’eccezione debba cambiare il più rapidamente possibile, soprattutto per le società che, come noi, curano molto l’immateriale, le professionalità e le competenze. Il nostro vantaggio competitivo non sono gli uffici o i computer, ma le persone: se loro stanno bene allora ragionano bene, producono volentieri, creano un clima favorevole alla creatività, alla collaborazione tra competenze. Al di là del fatto che fa piacere lavorare in un clima del genere, la ritengo una necessità.
Per ottenere questo risultato c’è solo una cosa da fare: trattare le persone in modo equo, ricompensarle per quello che danno nel modo più convincente e trasparente possibile. Il resto viene di conseguenza. Non bisogna sfruttare le persone da un punto di vista lavorativo, ma creare un sistema che ne riconosca le capacità e che cerchi di svilupparle. È una cosa difficilissima ma non c’è alternativa”.
Si parla molto di recessione, di crisi della produttività. Come vede la situazione del Paese e del Veneto?
“L’Italia è talmente coinvolta nei processi economici europei e internazionali che non può non ripartire. È solo questione di tempo: ci riprenderemo e, anzi, ci sono settori che non ne hanno nemmeno la necessità, perché stanno andando bene tuttora.
Credo che il futuro sarà migliore, ma spero non sia soltanto un auspicio o una considerazione troppo ottimistica: per ripartire servono delle condizioni irrinunciabili, alcune delle quali dipendono da quello che succederà dopo le elezioni politiche. Si deve generare un nuovo corso del Paese iniziando dalle infrastrutture, dalla scuola e dalla ricerca, dalla possibilità di aprire nuovi orizzonti ai giovani e di farlo nei settori trainanti. L’Italia non può essere più solo un Paese manifatturiero, ma deve puntare sui settori strategici”.
La comunicazione e il marketing per Thetis che ruolo hanno?
“Direi che stanno diventando molto importanti. Non lo sono stati per qualche anno e forse paghiamo ancora la sottovalutazione di questi strumenti. C’era una buona ragione, però: nella prima fase, quando eravamo attenti a sviluppare l’Arsenale, eravamo un po’ introflessi e fare troppa pubblicità sarebbe stato un costo che forse non avrebbe comportato grandi benefici. Adesso che siamo diventati un po’ più globali la pubblicità, il marketing e i loro strumenti, come il sito web, diventano un’arma fondamentale.
Va detto però che abbiamo fatto alcune cose che, con il senno di poi, si sono dimostrate molto utili: mi riferisco ad esempio allo Spazio Thetis, che nel corso degli anni è diventato una straordinaria forma di comunicazione, che nessuno si aspettava da una realtà come la nostra. Questo ci ha conferito un’immagine sana e propositiva. È un modo un po’ strano e non codificato di fare promozione, ma a noi diverte molto e si è rivelato molto convincente”.
Giorgia Gay
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