“Made in China”
Il momento clou di apertura della mostra ha visto per la prima volta in Italia la straordinaria performance artistica di Xiao Ge, giovane artista cinese che vive tra Francia e Cina. Nelle sue opere i dipinti diventano le quinte di un labirinto dove l’artista entra rivestita di un candido Qipao, veste tradizionale cinese, prendendo così vita e trasformando l’indumento in una pelle nuova, metafora dello scontro tra l’interno e l’esterno.
“La Vecchiato New Art Gallery- spiega Vecchiato – si propone come realtà parallela alla nostra sede storica, come uno spazio innovativo che sappia sfruttare anche diverse tecnologie nella presentazione delle opere d'arte. Lo spazio a disposizione sarà ampio e organizzato secondo le linee di un loft con la presenza di diversi schermi”.
L’esposizione in corso comprende un’eccezionale raccolta di opere realizzate da artisti cinesi, scelti personalmente dal gallerista Dante Vecchiato sia per il formidabile background di memorie stratificate ed in continua ebollizione, sia per il vigore immaginativo di uno status nascente, non logorato e spremuto da decenni di innovazioni continue come in occidente.
L’interesse per la ricchezza e la varietà delle ricerche individuali degli artisti cinesi divampò, per la prima volta, in occasione della prima Biennale tenuta a Pechino nel 2003, quando i visitatori internazionali ebbero modo di sconfinare da quella kermesse statica
per affollare il distretto artistico “Factory 798” e accorgersi di quanto fossero avvincenti le dinamiche della nuova arte cinese.
La collisione tra le nostre avanguardie, tradizione cinese e coscienza delle feroci contraddizioni del presente producono una sorta di trans-avanguardia cinese che mescola realismo, surrealismo e vena pop. Un gusto sottile e vagamente luciferino. Di fondo si avverte l’angoscia che assedia la ricerca di una nuova identità.
La mostra è stata presentata da Virginia Baradel, critica d’arte che per prima, nella Biennale diretta da Bonito Oliva nel 1993, curò la sezione “Passaggio ad Oriente, inserendo quattordici pittori cinesi esponenti di un’avanguardia allora ancora clandestina e sgradita al governo.
L’evento, realizzato in collaborazione con il Centro Italiano per le Arti e la Cultura di Vincenzo Sanfo, rimarrà in mostra fino al 30 giugno nei seguenti orari: 9-13 15:30-19 – Via Albertino da Padova, 2 - 35137 Padova.
GLI ARTISTI IN MOSTRA
Ma Han lavora sul tema della moltitudine subumana che esce e dilaga come magma colorato, blob formicolante, dalla bocca del Grande Timoniere, oppure si scompone in individui singoli ma diventati rane che si vestono e si comportano come uomini. Un Mao canonico assiso su piedistallo sfila quale icona-tabu affetta da eccesso di stereotipo, ottenuto con un trattamento anodizzante alla Jeff Koons, nelle sculture agiografiche di Ren Sihong. Alludono ad una figura maschile obesa, sgradevole creatura rabelaisiana, pur da due distanti poli, espressivi Chen Wenling con il suo sarcastico omone, candido come marmo, che regge un grasso maiale sulle spalle e Fu Lei che dipinge osceni omini, pingui e ignudi, avvinghiati, o forse generati da ibridi organici che evocano ambienti acquorei, creature da crepuscolare fantascienza.
Il giogo dell’uniformità e del conflitto permanente si manifesta con tutta evidenza in Xing Junqin che riveste ogni cosa, cieli e statue, figure e panorami, occidente e oriente con la cifra mimetica militare. Tsui Tin Yun opta per una pittura appena abbozzata che possiede il fascino materico dell’informale, uno schermo di notazioni pittoriche incompiute entro cui appaiono delle fanciulle discinte provviste di un fare guerriero da operetta. In Xin Haizhou ritroviamo la nuova figurazione di origine fotografica, figlia prediletta del narcisismo mediatico che “scatta” istantanee di pose come incessanti provini che esaltano l’apparenza tentando di fugare il dilemma dell’appartenenza. Inquietante e affascinante è l’universo immaginario di Yin Kun che racconta di tipi umani ingenui e ispirati, fissati in una sorta di isterica parodia dei miti dell’ideologia maoista. Si tratta per lo più di bambini e adolescenti, rappresentati con una pittura fluida, veloce e generosa di soluzioni cromatiche e di inquadrature che aumentano il pathos sinistro delle espressioni. Sottilmente surreali sono i ritratti di Zhang Xiaogang che fissano l’obiettivo con un’enigmatica serietà combinata ad una struggente leggerezza. Figure normali, anonime diventano così campioni di un’umanità che vaga assorta e indecisa sospendendo il frastuono assordante del presente.Ancora più inquietanti sono i giovani di Shen Xiaotong che sembrano sul punto di svanire come i colori di un’antica istantanea e, nel timore di perdere consistenza, affidano la testimonianza della loro esistenza alle pupille che, evidenziate con un effetto mimesi da astuto amanuense, forano lo schermo e offrono una tangibilità inversamente proporzionale all’evanescenza delle figure.
GLI ARTISTI DELLA GALLERIA VECCHIATO
Numerosi i contratti stipulati con svariati artisti con cui la Galleria d’Arte Vecchiato ha deciso di collaborare, tra questi Ennio Finzi, Cesare Berlingeri, Rabarama, Renato Pengo, Corrado Zani fino ad arrivare ai giovanissimi Cinzia Pellin e Marco Tiani.
Altrettanto rinomato è il desiderio di internazionalità che alimenta questo giovane staff, che promuove molto attivamente l’arte contemporanea italiana nel mondo. Importanti e numerose sono infatti le collaborazioni con strutture museali di città europee e d’oltreoceano: dagli Stati Uniti, al Messico, dalla Francia, al Venezuela ma soprattutto la Cina con il Millennium Monument di Pechino, il Museo d'Arte di He Xiangning a Shenzhen ed il Museo d'Arte Contemporanea di Shanghai.
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