Pmi globali: Padova, il 72% fa affari con l’estero
L’export di prodotti e servizi resta la modalità prevalente per il 93,8% delle aziende padovane, seguita dalle reti di fornitura-approvvigionamento (88,6%). Ma ormai quattro imprese su dieci (39,6%) realizzano parte della produzione all’estero, specie a minor valore aggiunto, come strategia complessiva delle relazioni internazionali. Quanto alla geografia del made in Padova nel mondo, l’Unione Europea a 15 si conferma il principale mercato di riferimento (prima scelta per il 53,7%) - con una forte attenzione per Germania e Francia - ma già in seconda posizione è collocata l’Asia (13,3%), in particolare la Cina, e in terza i Paesi dell’allargamento a Est (9,4%). Ma nei piani futuri delle Pmi padovane l’ordine si inverte: il 34,4% è proiettato verso l’Asia, Cina in testa (12,2%), mentre l’Ue sarà ancora il mercato “domestico” per il 22,4% delle aziende, seguito da Russia e altri Paesi Csi (17,6%).
L’articolata e inedita fotografia del made in Padova nel mondo emerge dalla ricerca “INTERNAZIONALIZZATE E GLOBALI. Uno studio sui rapporti internazionali delle imprese padovane” promossa da Confindustria Padova con il sostegno di UniCredit Corporate Banking e realizzata dalla Fondazione Nord Est su un campione di 565 imprenditori. I risultati dell’indagine sono stati presentati questa mattina nella sede di Confindustria Padova dal presidente Francesco Peghin e dal direttore della Fondazione Nord Est, Daniele Marini.
«Giocare sul mercato aperto - afferma il presidente di Confindustria Padova, Francesco Peghin - è sicuramente più complesso, ma le nostre imprese hanno dimostrato di saperlo fare, innalzando la qualità e il contenuto tecnologico dei prodotti, migliorando l’organizzazione, conquistando nuovi mercati, anche in tempi non facili. Un dato emerge con chiarezza: la stagione della delocalizzazione alla ricerca di bassi costi di produzione è finita da un pezzo. La vera spinta è il presidio strategico di nuovi mercati, leva fondamentale per competere». «Ma le imprese non devono restare sole - aggiunge Peghin -. Rispetto ad altri competitor europei scontiamo lo scarso sostegno del Sistema Paese. Oggi chiediamo un deciso cambio di passo - dall’azione politica, alla rete diplomatica, al sistema del credito - nelle strategie istituzionali, organizzative e finanziarie a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, soprattutto piccole, e nella promozione del vero Made in Italy sui mercati esteri».
«L'internazionalizzazione - conferma Massimo Carraro, direttore regionale Triveneto Orientale UniCredit Corporate Banking - è una leva fondamentale per garantire alle imprese una prospettiva di crescita duratura. Alle numerose motivazioni indicate nel rapporto, aggiungerei un fattore di diversificazione dei rischi di mercato, anche in funzione anticiclica. Le esigenze di servizio sui mercati espresse nell’indagine dalle imprese padovane sono accomunate dalla richiesta di un maggiore supporto, che il sistema creditizio, sopratutto nei gruppi maggiori, è oggi in grado di fornire. In particolare quando, come nel caso di UniCredit, si è percorsa proprio la strada dello sviluppo internazionale arrivando a disporre, in 23 Paesi, di proprie banche leader nei rispettivi mercati».
NUOVI MERCATI E RETI LUNGHE. MODA, ARREDO, MECCANICA I PIU’ INTERNAZIONALI. Quali sono le ragioni che spingono l’Azienda Padova all’estero? Per il 64,8% prevale la scelta di presidiare nuovi mercati strategici, dove sussistano opportunità di business e una domanda in crescita: è questa la logica più profonda che governa l’internazionalizzazione. A cui un’azienda su due (50,3%) cerca di saldare - ove possibile - il contenimento dei costi di produzione (manodopera, materie prime, terreni).
I settori più intensamente presenti sui mercati esteri sono quelli tipici del made in Italy: sistema moda (79,4% delle imprese), legno-arredo (78,8%) e le diverse voci della meccanica (72,5%). Ma quali sono le strategie di internazionalizzazione più diffuse? Le Pmi padovane sono globalmente integrate con i mercati esteri sia in termini di vendita dei prodotti (93,8%) che di reti di fornitura di semilavorati, prodotti e servizi (88,6%). Un fenomeno per nulla recente, se il 52,7% dichiara di vendere all’estero e il 38,9% di aver allungato le reti di fornitura oltre i confini da oltre un decennio. Più di un’impresa su due (53,7%) inoltre, ha implementato la rete di distribuzione e assistenza sui mercati per stare al fianco dei clienti. Risultati che sono frutto di un’intensa promozione all’estero attraverso fiere e missioni (80,1%).
Un’impresa padovana su quattro (39,6%) realizza parte della produzione all’estero. In questo caso, la forbice tra grandi e piccole è più ampia: il 47,2% contro il 9,5% delle micro-imprese. Tra i settori è ancora il sistema moda a guidare (25%), seguito dalla meccanica (18,5%). Gli accordi produttivi, preceduti da trasferimento di know how, sono la forma preferita dal 51,2% delle imprese. Una su quattro si appoggia a società estere e il 12,7% ha costituito una propria filiale produttiva all’estero (23,4 tra le più grandi). Il 10,8% infine ha creato joint-venture.
IMPRESA GLOBALE, TERRITORIO PIU’ FORTE. UNA SU DUE SCEGLIE IL “FAI DA TE”. Se la creatività del made in Padova ha conquistato i quattro angoli del globo, a trarne vantaggio non sono solo le singole aziende ma anche il sistema locale. Il 97,1% delle aziende presenti all’estero non ha chiuso gli stabilimenti in Italia, una su due (46,6%) mantiene i rapporti con i fornitori locali e il 48,7% li ha integrati con altri nei mercati di sbocco. In generale, i fornitori stranieri non sono in competizione con quelli locali: dai primi provengono componenti o manufatti che non era più possibile recuperare in loco, mentre i secondi conservano una partnership privilegiata per le lavorazioni più complesse e di qualità.
L’impresa padovana “internazionalizzata e globale” crea valore per il territorio d’origine innescando un processo di qualità. La casa madre è diventata sempre di più luogo di progettazione e sviluppo. Una metamorfosi che ha indotto una crescita del sistema produttivo locale, attraverso l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo (per il 17,9% delle imprese), l’innalzamento dei profili professionali (15,3%) a beneficio soprattutto dei giovani, l’incremento dell’occupazione (12%), specie nelle imprese sopra i 50 addetti (19,2%), la domanda di figure dedicate ai mercati esteri (24,3%).
Il processo di internazionalizzazione, però, non è sempre semplice e lineare. Scarsa conoscenza dei mercati (28%), dimensioni d’impresa (20,3%), ostacoli culturali e linguistici (26,1%) - soprattutto per le aree più distanti come Cina, India e Russia - mancanza di personale con competenze necessarie (19,3%) o disposto a trasferirsi all’estero (14,4%) sono, nell’ordine, le maggiori difficoltà “interne” segnalate dalle imprese padovane. A queste si aggiungono gli ostacoli “esterni”: scarso sostegno da parte delle istituzioni italiane che dovrebbero fare da volano all’estero (19,3%), scarso appoggio delle istituzioni bancarie (12,1%), inaffidabilità del partner straniero (16,9%).
Una debolezza di sistema che spinge le aziende al “fai da te”. Un’impresa su due (48%) gioca da sola sui mercati esteri: una propensione più radicata nelle micro-aziende rispetto alle grandi. Per le altre la scelta ricade su associazioni di categoria (13,5%), banche (11,6%, in positiva controtendenza rispetto al 3,3% della media nazionale), società di consulenza (9,8%), Ice (5,5%), Camera di Commercio (3,6%), società finanziarie quali Finest, Simest, Sace (2,5%) e in coda ambasciate (0,4%) ed enti pubblici. Tra quanti si sono rivolti a questi soggetti per il sostegno all’estero, ottengono un giudizio negativo enti pubblici e finanziarie (appena un quarto dei consensi), mentre è tendenzialmente positivo il giudizio su associazioni di categoria (70,5%), Camera di Commercio (62%), banche (59,2%).
Ma qual è la domanda di supporto all’estero espressa dalle imprese padovane? L’attesa è molto forte in termini di affiancamento e sostegno, sia per la ricerca di partner stranieri (30,8%), sia per l’analisi di mercato (16,6%) e l’assicurazione crediti (12,6%), sia per l’organizzazione di consorzi e aggregazioni per andare all’estero (10,6%). Tra i servizi offerti da Confindustria Padova-Uniexport, invece, spiccano per gradimento incontri e seminari (82,8%), segnalazioni di manifestazioni e missioni all’estero (74%), consulenza legale e doganale (71%), formazione sull’internazionalizzazione (66,4%).
IL MADE IN PADOVA VIRA A EST: ASIA E RUSSIA NEL FUTURO (OLTRE L’UE). Se l’Europa resta il mercato tradizionale di riferimento - insieme agli Usa - e l’Asia è la nuova direttrice prevalente - con Russia e Paesi dell’allargamento a Est - il made in Padova ha conquistato nicchie di mercato in oltre 100 Paesi del mondo, dal Brasile all’Arabia Saudita, dal Sud Africa all’Australia, dal Canada al Messico alla Thailandia. Una corsa globale che non intende arrestarsi: il 60,6% delle imprese intervistate intende rafforzare ulteriormente la proiezione internazionale e l’export nei prossimi anni, e oltre un quarto di quelle sopra i 50 addetti (26,5%) è in procinto di creare nuovi stabilimenti all’estero. Un trend che sfiora soltanto le micro-imprese (4,6%) ma che interessa il 15,8% delle piccole (10-49 addetti).
Quanto alle rotte future dell’internazionalizzazione, il continente asiatico diventa il primo sbocco per il 34,4% delle imprese padovane, che lo hanno indicato anche nel 36,8% di seconde scelte. E, in Asia, spicca il richiamo della Cina (12,2%). Mantiene un solido ruolo di riferimento anche l’Europa a 15 (22,4% di prime scelte), ma si fanno strada Russia e altri Paesi Csi (17,6%) e Paesi dell’allargamento (10,6%) - Polonia, Romania e Slovacchia -. La Russia in particolare, dove il made in Padova cresce da anni a due cifre, è un mercato decisamente emergente per i produttori di abbigliamento, calzature, gioielli ma anche meccanica ed edilizia. Più indietro Stati Uniti (3,7% di prime scelte) e Africa (3,7%).
Per informazioni:
Sandro Sanseverinati - Ufficio Stampa, Studi e Relazioni Esterne