A definirlo uno spettacolo “senza capo né coda” probabilmente non si offendono; epigoni di quel teatro dell’improvvisazione, nato nel secolo scorso e cui si rifanno le sonorità musicali, Michela Lucenti, Maurizio Cavilli ed i performers di Balletto Civile rappresentano qualcosa di indefinibile, come un quadro surrealista: non lo capisci, ma ti stimola, perché la sua assurdità è frutto di studio e di ricerca. “Creature” è andato in scena nell’ambito della due giorni di “Fili”, azioni di teatro e danza, ospitate a Salzano, in provincia di Venezia; è significativo che proprio lì, in un centro minore, si osino scelte d’avanguardia (“Vite di periferia, di terra, di poesia”) grazie ad amministratori illuminati, qualche sponsor istituzionale e la creatività progettuale dell’Associazione Culturale Echidna. Unico appunto: la presenza di più spettacoli nella stessa giornata; aumenta l’offerta, ma impedisce la digestione. Il teatro sono suggestioni, che vanno covate; ingurgitarne troppe, ne impedisce l’assimilazione. C’è il rischio bulimia, come nei vecchi cinema parrocchiali quando, dopo un pomeriggio con la visione di due film, si ricordavano le trame, ma sfuggivano i particolari. Per questo, dopo “Creature” bisognava andarsene: per dare spazio alle sensazioni percepite.