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Un “Orto delle meraviglie” nel carcere veneziano

15/09/2008
In un ex convento veneziano di epoca quattrocentesca l’arte della cura dell’orto si sposa con l’attività sociale mirata al reinserimento delle detenute. Accade all’interno del carcere femminile della Giudecca, dove l’antico orto conventuale rinasce grazie a un gruppo di donne “ristrette”. L’iniziativa “Orto delle meraviglie” è stata presentata durante l’annuale momento di apertura del carcere alla cittadinanza.

Nell’area verde della casa di reclusione cresce di tutto un po’: fagioli, asparagi, insalata, per dire solo alcuni dei molti prodotti che vengono curati secondo le tecniche tradizionali e coerentemente con le prescrizioni europee in materia di agricoltura biologica. Quanto prodotto viene venduto settimanalmente in un apposito banco, molto noto tra i residenti della Giudecca, allestito ogni giovedì mattina in Fondamenta delle Convertite. Ma oltre a frutta e verdura, dall’orto si ottengono anche le materie prime necessarie alla realizzazione della linea di cosmetica, che conta due linee di prodotti all’attivo e una distribuzione che va dalle forniture per alberghi alla vendita al dettaglio. Creme per il viso e per il corpo, shampoo, balsamo, deodorante e profumatori d’ambiente sono solo alcuni dei prodotti che rientrano nella linea “Orto delle meraviglie”, reperibile al dettaglio in numerose botteghe solidali (per conoscere l’elenco completo rivolgersi alla cooperativa Rio Terà dei Pensieri: tel. 0412960658 / mail riotera@libero.it).

“E’ con grande piacere che di anno in anno ci apriamo all’esterno per condividere con altri questo percorso – ha raccontato la direttrice del carcere, Gabriella Straffi, nel corso della presentazione annuale –. Questo è un risultato importante per le persone che sono qui recluse, che hanno la possibilità di raccogliere il frutto del loro lavoro”. E le attività non si esauriscono qui: sempre nel carcere è operativo un laboratorio di legatoria che a sua volta perpetua un’antica tradizione artigianale, riscoprendo le tecniche veneziane di lavorazione della carta, usate per confezionare contenitori, quaderni e cornici.

In tutto questo c’è solo una nota dolente: il carcere veneziano ha origini antiche, ma avverte il peso della sua età e, per bocca della direttrice, chiede a gran voce un’opera di restauro. Da parte del Comune però non vengono lasciate porte aperte perché, come sottolinea il sindaco Massimo Cacciari, “di fondi proprio non ce ne sono”. Dall’amministrazione comunale e provinciale, comunque, arriva il plauso all’esperienza veneziana e in generale alle attività delle cooperative sociali che vi si dedicano con passione e dedizione.

Giorgia Gay

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