Burocrazia: alle Pmi costa 11,5 mld di €
E il brutto è che ad avere la peggio sono proprio le micro imprese. A cominciare dal costo medio annuo per ciascun addetto. Per le realtà produttive minori, quelle con un numero di dipendenti che va da 3 a 9, la somma arriva infatti a 1.587 euro contro una media nazionale 1.226 euro. Scende, invece, a 1.445 euro per le imprese che arrivano sino a 19 dipendenti, a 1.035 per quelle che contano fino a 49 addetti e a 720 euro per quelle che ne contano fino a 499. La classifica del peso della burocrazia, poi, non avvantaggia le piccolissime imprese neppure quando si parla di numero di adempimenti medi eseguiti per ciascun addetto in un anno. Si va così dagli 8, 4 delle aziende che contano fino a cinque dipendenti - rispetto ad una media di tutte le imprese fino a 500 addetti pari a 5, 5 - ai 7, 3 di quelle che danno lavoro da 6 fino a 9 dipendenti.
E ancora, dai 6, 4 adempimenti per addetto nelle imprese con un numero di dipendenti che va da 10 a 19, ai 3, 5 adempimenti delle aziende che arrivano a 49 addetti; per finire con i 2, 7 adempimenti per ciascun addetto che devono sbrigare le aziende che contano da 50 a 499 dipendenti. Ma l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre non si ferma al dispendio di soldi e di energie. E misura anche il tempo. Così, pure il numero delle giornate dedicate agli adempimenti burocratici, diventa un parametro rilevante nel focalizzare la condizione sfavorevole delle piccole imprese. Si investono, quindi, in media cinque giornate e mezzo per ciascun addetto nelle realtà produttive con un numero di dipendenti che va da tre a cinque. Si scende a 5, 2 giornate per le aziende da 6 a 9 addetti, a 4, 8 giornate per le imprese da 10 a 19 dipendenti, a 3, 7 in quelle che contano da 20 a 49 occupati e a 3, 1 giornate per le aziende che danno lavoro da 50 a 499 persone. “L’inefficienza della pubblica amministrazione, l’applicazione spesso cervellotica di leggi, circolari e regolamenti vari – commenta il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – purtroppo si abbatte in maniera più decisa sulle micro imprese che sulle grandi. Quest’ultime sono chiaramente più strutturate organizzativamente e possono sfruttare meglio le economie di scala. Ma fortunatamente c’è una grossa novità. Il Governo, dopo aver deciso di modificare gli studi di settore, ha trasmesso una grossa iniezione di fiducia al mondo delle partite iva. Un segnale che va nella direzione auspicata. Ovvero, quella di un rapporto più equo tra fisco e contribuente”.
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