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Studi di settore: vecchi e ormai superati

15/12/2008
Sono 182 gli studi di settore attualmente impiegati dall’Amministrazione finanziaria per controllare l’attendibilità dei ricavi dichiarati da quasi 3.055.000 aziende. Di questi studi ben 56 (pari al 30% del totale), hanno più di 4 anni di età mentre gli altri 126 sono stati costruiti tra il 2005 e il 2006. Anni, quelli tra il 2002 e il 2006, dove il nostro Paese ha registrato andamenti di crescita altalenanti ma non così negativi come quelli che si avranno quest’anno e soprattutto nel 2009.

Per questo, come nelle ultime settimane in più di un’occasione ha denunciato la CGIA di Mestre, c’è la necessità di rivederli perché costruiti su dati contabili ed extracontabili ormai superati. E a fare un attento monitoraggio sul mondo degli studi di settore è la CGIA di Mestre che, alla luce del risultato emerso dall’analisi, chiede al Governo – come da impegno assunto nelle misure anticrisi - di accelerare le operazioni di revisione che per legge dovrà essere fatta entro il 31 marzo prossimo.

“Prendiamo come esempio il 2006 – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – il Pil ha segnato un aumento dell’1,8%, i consumi del +1% e gli investimenti addirittura del +2,5%. Ebbene, in quell’anno sono stati costruiti 63 studi di settore che hanno interessato altrettante categorie di imprese per un totale di oltre 1.300.000 aziende. Ora, con una crescita che nel 2008 si attesterà presumibilmente sul –0,4%, i consumi sul –0,5% e gli investimenti sul –1,4% appare evidente che per buona parte di queste attività i ricavi stimati dal fisco italiano saranno molto ma molto più elevati di quelli che realmente saranno realizzati. Con la conseguenza che oltre il 50% delle imprese o si adeguerà a quanto richiesto dall’Amministrazione finanziaria, pagando su ricavi non effettuati, o andrà in contraddittorio dovendo dimostrare per quali motivi quei soldi non sono stati guadagnati. Insomma, oltre il danno anche la beffa”.

Dalla CGIA, comunque, fanno notare che solo 20 studi di settore hanno al loro interno dei correttivi congiunturali in grado di tener conto degli effetti di eventuali crisi economiche. “Peccato – conclude Giuseppe Bortolussi – che potenzialmente solo poco più di 440.000 aziende ne sono coinvolte pari al 14,5% del totale delle imprese interessate dagli studi di settore”.

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