Vertenza Casinò Venezia-Corradini: rigettate le accuse
Una querelle giudiziaria estenuante, iniziata nel febbraio 2002 ma cominciata in realtà sei mesi prima: il 1° agosto del 2001 con l’apertura, nell’isola di Malta, di una nuova sede del Casinò di Venezia. Ecco le principali tappe della vicenda:
-L’8 febbraio 2002, l’A.D. del Casinò, Gianni Corradini, denuncia tentativi di infiltrazioni malavitose da parte della mafia siciliana nel Casinò di Malta.
-L’11 febbraio 2002, la moglie e i figli di Corradini vengono sequestrati a San Donà di Piave (Venezia) da malavitosi armati di kalashnikov (poi condannati nell’ottobre 2003).
-Il 13 febbraio 2002, il Casinò di Venezia denuncia una presunta associazione a delinquere, guidata da Corradini con manomissione delle slot machine (la manomissione è tecnicamente impossibile, come da sentenza del luglio 2003)
-Il 5 marzo 2002, Corradini viene revocato da amministratore delegato del Casinò di Venezia, ma rimane nel consiglio di amministrazione
-L’8 aprile 2002, l’allora Sindaco di Venezia, Paolo Costa, parla di “disastro gestionale” di Malta
-L’11 aprile 2002, Corradini subisce una perquisizione con conseguente apertura delle indagini
-Il 13 maggio 2002, Corradini viene espulso dal CdA del Casinò di Venezia. Successivamente gli sarà chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro per presunte perdite della controllata maltese.
Il resto è storia recente, con Gianni Corradini che chiede e ottiene il riconoscimento del suo status di lavoratore subordinato (con la qualifica di direttore generale) del Casinò che, l’11 aprile 2008, viene quindi condannato a pagargli retribuzioni e contribuzioni per 200.000 euro. Ma soprattutto il Tribunale di Venezia ha assolto l’ex imputato dalle seguenti accuse, mossegli dal Casinò con riferimento al periodo, in cui ricopriva il ruolo di amministratore delegato: lacune informative nel confronti del CdA; avventatezza e ruolo di “scamp development"; false dichiarazioni; erronee previsioni economiche; lacune informative nel confronti del CdA dopo l’avvio del Casinò maltese; diffusione di notizie riservate relative a Casinò e Vittoriosa Gaming (società che gestiva la casa da gioco veneziana a Malta); gestione contabile di Vittoriosa Gaming.
“(…) deve rigettarsi ogni domanda formulata dal Casinò di Venezia S.p.A. – conclude la sentenza del Tribunale – di accertamento della responsabilità dell’amministratore e di condanna al risarcimento del pregiudizio economico patito dalla società; d’altro canto deve dichiararsi che la revoca dell’amministratore prof. Corradini è venuta in assenza di giusta causa: ne consegue la condanna della società al risarcimento del danno arrecato all’amministratore ingiustamente revocato, da liquidarsi in separato giudizio (i 10 milioni di euro già citati, ndr). Le ragioni della decisione confermano l’irrilevanza delle istanze istruttorie (…) ed è vero che si è trattato di accuse perlopiù smentite, addirittura sulla base di documenti che dovevano essere nella disponibilità del Casinò; ma ciò è valso alla società la soccombenza in giudizio e potrà valere una condanna risarcitoria per l’ingiustificata revoca, ma non appare idoneo a giustificare una responsabilità aggiuntiva”.
Il Presidente del Casinò Municipale di Venezia, Mauro Pizzigati, avuta notizia delle dichiarazioni rilasciate alla stampa da Gianni Corradini, ritiene doveroso precisare che: «La vicenda costituisce “un’eredità” lasciata dalla precedente gestione (così come è stato per le note cause delle mance arretrate dei croupier) alla quale deve essere attribuita la scelta, all’epoca effettuata, di cessare il rapporto di lavoro esistente con il dott. Corradini. Avuto riguardo alla decisione del Giudice che non vi sarebbe stata, invece, alcuna giusta causa che potesse giustificare la cessazione del rapporto, l’Azienda si riserva di valutare e di approfondire il contenuto della sentenza di primo grado, nonché di proporre l’impugnazione della stessa in appello».
Comprensibilmente commosso Gianni Corradini dopo la netta vittoria giudiziaria.
«Questa vicenda mi è costata tantissimo; mi hanno colpito sull’onore e sulla famiglia, le mie cose più care. Una banda di cialtroni mi ha accusato di immani nefandezze; dicevano persino che con i soldi del Casinò avrei comprato terreni in Sicilia. Ho vissuto scortato per un anno; ringrazio la mia famiglia, i poliziotti e gli avvocati, che sono stati tra i pochi ad avermi aiutato, allontanando da me anche il pensiero di gesti irreparabili. Ora il Casinò, che io ho risollevato dalla polvere durante la mia gestione, dovrà ripagarmi del danno biologico che ho subito, oltre alla perdita del credito professionale e delle aggressioni a mezzo stampa. Ma senz’altro dovranno risarcirmi anche i singoli individui, le persone fisiche, che tanto dolore e discredito mi hanno procurato».
MARCO DE LAZZARI