In Italia la spesa sanitaria cresce più del Pil
Nel 2006 le famiglie italiane che si sono impoverite a causa di spese sanitarie impreviste delle quali si sono dovute far carico con risorse proprie sono state 349.180 pari a circa l’1,5% del totale delle famiglie italiane, alle quali - dice il Rapporto - si aggiungono 861.383 famiglie (pari al 3,7% dei nuclei) che sono state soggette a “spese catastrofiche”, per effetto dell’incidenza sui loro bilanci delle spese sanitarie fuori portata.
Ma a conti fatti - dice il Ceis - parlare di equità e uniformità è difficile anche allo stato attuale: a partire dalla spesa sanitaria, le Regioni registrano dati fortemente diversificati, che confermano la netta divisione tra Nord e Sud d’Italia.
Se la media nazionale pro-capite è di 1.744 euro, classificando le Regioni si nota che il Trentino Alto Adige, Lazio e Valle d’Aosta hanno una spesa superiore a 1.970 euro pro-capite, mentre in Basilicata e Calabria la cifra scende a meno di 1.600 euro.
Anche per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale, il Rapporto rileva che nonostante vi sia una sostanziale omogeneità nei ticket applicati nelle Regioni italiane, questo non garantisce equità, perché l’adozione di nomenclatori tariffari differenti comporta una diversa incidenza di costi sui pazienti. Iniquità non solo tra Regioni, ma anche tra fasce delle popolazione. Gli anziani si confermano i più fragili, insieme ai nuclei con tre o più figli.
Nel periodo 2000-2006, in circa i due terzi dei casi le Regioni che sono intervenute riducendo sia la percentuale di strutture che quella dei posti letto. Casi estremi il Veneto (con una contrazione rispettivamente del - 42,1% delle strutture e del -15,4% dei posti letto) e Friuli Venezia Giulia (con -8,3% di strutture e -21,1% di posti letto).
“La sensazione – si legge sul Rapporto Ceis – è che le politiche di riduzione dei posti letto siano spesso un’operazione di facciata, mancando una reale razionalizzazione del settore”. In cui si assiste a un “parziale fallimento del meccanismo di pagamento a prestazione (peraltro applicato molto parzialmente), con una forte variabilità regionale nei livelli di remunerazione ospedaliera.
La tariffa media regionale, calcolata sulla base dei tariffari vigenti, evidenzia differenze che sfiorano il 60%, “difficilmente giustificabili su un piano razionale”.
Il Presidente
Carlo Garofolini
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