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Imprese artigiane venete -0,32% (- 473 aziende)

04/02/2009
Tredici anni. Tanto è passato dall’ultima volta che in Veneto il saldo tra le imprese artigiane costituite e quelle cessate nel corso dell’anno risultasse negativo. “Era il 1996 e le piccole imprese, duramente colpite dalla stagnazione dei consumi e dalle politiche restrittive attuate per il risanamento del debito pubblico, crollavano dell’1,4% -ricorda Claudio Miotto, Presidente della Confartigianato veneta- oggi, dopo tredici anni di costante crescita ci troviamo di fronte ad un nuovo segnale di sofferenza -473 imprese pari a una variazione dello -0,38%. Non è tanto nel valore assoluto che si concentra la nostra attenzione, non va dimenticato che l’artigianato regionale conta ancora su oltre 147mila imprese attive, ma sull’inversione di tendenza, sulle quasi 12mila cessazioni e sul fatto che solo quattro regioni (Campania -1,1%, Umbria -0,78%, Basilicata -0,68 e Friuli -0,64%) hanno registrato un saldo peggiore del Veneto. Tutti fenomeni che ci preoccupano e non poco”.

Se scendiamo nel dettaglio dei settori, l’andamento complessivo del 2008 enfatizza dinamiche già in atto: il rallentamento brusco nella nascita di imprese edili che quest’anno si ferma ad un saldo di sole 164 unità in più; la drammatica selezione in atto in due settori diversi tra loro ma colonne portanti dell’economia regionale come il legno-mobilio che fa registrare un calo di ben 282 imprese, dato che spiega da solo il 76,5% della contrazione di tutto il manifatturiero (-369 aziende) e l’autotrasporto che riapre l’anno con 428 ditte in meno. Ci sono però anche alcune note positive come il saldo positivo di 83 aziende nel settore dell’abbigliamento, da decenni in crisi strutturale, ma che sembra aver trovato al proprio interno nuove forze e dinamiche per creare ricchezza e benessere, e la tenuta dei servizi sia alla persona che alle imprese.

“Le aziende artigiane sono la cartina di tornasole dell’efficienza di un Paese –prosegue Miotto- lavorano, producono e si moltiplicano in modo straordinario nei momenti di benessere e di efficienza tanto velocemente quanto soffrono e chiudono nei periodi di congiuntura negativa e di intoppi burocratici. Ed è proprio in momenti di crisi come quello attuale che è necessario eliminare quanti più intoppi inutili possibile. Nel nostro Paese ad esempio, ci sono troppe leggi, ben 21.691, troppi adempimenti, troppi uffici pubblici. Il peso maggiore della burocrazia, pari a 11,3 miliardi l’anno, viene sopportato dalle nostre aziende (quelle fino a 9 addetti). Un sistema a ‘burocrazia zero’ consentirebbe alle micro imprese di incrementare la produttività del 5,8% e di recuperare il 53,7% del gap di produttività che oggi scontiamo rispetto alla media di Francia, Germania, Spagna”.

“Il percorso per realizzare il riassetto normativo, di delegificazione e di semplificazione amministrativa – conclude Miotto – è una carta in più che si può giocare il nostro Paese”. “Ora – auspica Miotto - tutti i soggetti istituzionali (Governo, Parlamento, in particolare la Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione e quella per le questioni regionali, con il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni e di quella Unificata) devono svolgere il loro ruolo per raggiungere rapidamente risultati concreti ed utili a conferire certezza ed uniformità sul territorio e a migliorare la competitività delle imprese”.

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