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Dieci miliardi, il costo dei pagamenti in ritardo

09/02/2009
La CGIA di Mestre stima che il costo a carico delle aziende italiane si aggiri sui 10 miliardi di euro all’anno. Un fardello imputabile ai ritardi di pagamento che penalizza il sistema economico che a causa dei problemi provocati dal ritardo nell’incasso delle fatture, costringe molti imprenditori a ricorrere a prestiti bancari per finanziare la loro attività. E a questo extraonere si devono aggiungere i costi, difficilmente quantificabili, delle risorse umane impegnate nel sollecito dei pagamenti. E’ questo lo sconfortante scenario che emerge dall’ultima elaborazione fatta dalla CGIA di Mestre relativa ai tempi di pagamento.

“Solo nei confronti della sanità italiana – esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – le imprese vantano crediti per 33 miliardi di euro. Complessivamente nei confronti della Pubblica amministrazione le aziende private devono ancora riscuotere una somma che si aggira, secondo recenti stime dell’ABI, tra i 50 e i 60 miliardi. Una situazione che non ha eguali in Europa”. Ma le cose non vanno meglio nemmeno quando si fa riferimento a transazioni commerciali tra imprese private. “Secondo una ricerca effettuata qualche anno fa dall’Ue – prosegue Bortolussi – è emerso, soprattutto in Italia, che i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese si verificano con una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle PMI. Inoltre, la durata delle dilazioni è doppia nel caso dei pagamenti effettuati dalle grandi imprese alle PMI rispetto a quelli effettuati da queste ultime alle grandi imprese.”

L’elaborazione della CGIA – fatta su un’indagine condotta in Europa da Intrum Justitia - analizza i rapporti commerciali che le imprese hanno con i clienti privati, con le altre imprese e con la Pubblica amministrazione (Stato, Regioni ed Enti locali). Ed è con quest’ultima che la situazione diventa più critica. Lo Stato italiano, infatti, è il pagatore peggiore. I tempi di pagamento medi contrattuali arrivano – a 95 giorni, mentre per quanto riguarda quelli medi effettivi si arriva addirittura a 135. Dati ben lontani da quelli rilevati in Francia (57 giorni i tempi medi di pagamento contrattuali e 71 quelli effettivi), per non parlare del Regno Unito (30 giorni e 48 giorni) e della Germania (25 giorni e 40 giorni).

Distanze incolmabili che si riscoprono anche nel rapporto tra imprese e privati. Così se i privati in Italia stabiliscono pagamenti contrattuali di 37 giorni e quelli effettivi arrivano a 57 giorni, in Germania si arriva a 20 giorni per i pagamenti medi contrattuali e a 32 giorni per quelli effettivi; in Francia a 30 e a 40 giorni e nel Regno Unito a 29,5 giorni per i pagamenti medi contrattuali e a 47 per quelli effettivi.

E la maglia nera italiana spicca anche nelle transazioni tra imprese. Arriva in effetti a quota 68 giorni il tempo di pagamento medio contrattuale di un’impresa ad un’altra impresa a 88 giorni per i pagamenti effettivi. In Francia, invece, i due dati raggiungono rispettivamente 49 e 65 giorni, in Germania a 30 e 36 giorni e nel Regno Unito a 33 e 51 giorni.

“E’ vero – conclude Giuseppe Bortolussi – che il Governo Berlusconi nel recente decreto anti-crisi ha introdotto l’IVA per cassa e la possibilità di recuperare in maniera agevolata l’incasso dei crediti dei fornitori nei confronti delle Regioni e degli Enti locali. Ma nel primo caso manca ancora l’ok da parte dell’Unione europea e nel secondo caso siamo in attesa di un decreto che indichi le modalità per agevolare il recupero di questi crediti. A fronte della crisi in atto è necessario che l’Esecutivo acceleri i tempi della loro approvazione”.

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